Perinetti: “Non si gioca solo per i soldi”
Giorgio Perinetti è una vecchia conoscenza dei Romanisti di qualche generazione fa. Entrato a far parte dello staff dirigenziale giallorosso nel 1972, a soli 21 anni, ha prima ricoperto il ruolo di Responsabile del Settore Giovanile e quindi quello di Direttore Sportivo. Intervenuto ai microfoni di “Te la do io Tokyo”, sui 101.5 FM di Centro Suono Sport, ha evidenziato i passi fondamentali che l’A.S. Roma dovrà affrontare nei giorni a venire.
In particolare, si è soffermato sulla posizione del Direttore Sportivo, Walter Sabatini, che, a seguito della cocente sconfitta in Europa League con la Fiorentina, si è assunto la piena responsabilità del fallimento degli obiettivi stagionali della Società.
“Dirigere è prevedere, programmare. La Roma sta attraversando un momento delicato ma ha a portata di mano ancora un obiettivo importante, sportivamente ed economicamente: l’accesso diretto alla Champions.
Questo rappresenta la base per capire dove si sia sbagliato quest’anno e, scegliendo dal punto di vista tecnico, la base per decidere cosa fare la prossima stagione. Su Sabatini e sull’allenatore non è il momento di rimanere nel vago: c’è necessità di fare una valutazione profonda. E’ il momento di essere incisivi. Le operazioni da fare sul mercato non sono poche; ma Sabatini, al di là degli errori che tutti facciamo, è molto competente e conosce la squadra”.
Dunque, riconfermerebbe il Direttore Sportivo e “di conseguenza, a quel punto si capirebbe cosa fare con l’allenatore”.
Nell’analisi delle responsabilità degli esiti sotto le aspettative della stagione giallorossa, Perinetti chiarisce quali siano, in teoria ed in concreto, le funzioni del Direttore Sportivo e del Direttore Generale, all’interno di una Società di Calcio.
“Il DS dovrebbe avere una responsabilità puramente tecnica. Che è un compito enorme: è lui a dover scegliere l’allenatore e lo staff, compreso quello medico, il settore di scouting, le persone vicine alla squadra, eccetera.
Il DG ha una competenza più ampia su altre cose ma deve anche, poi, dire la sua dal punto di vista sportivo, nel momento in cui questo implica dei costi. Deve occuparsi dei rapporti tra la Società e le Istituzioni Federali… Le due figure devono, comunque, integrarsi. Ed è la Proprietà a decidere le due cariche, a porsi il problema di individuare figure nella quali credere e alle quali delegare. Che si assumono, poi, la responsabilità diretta di portare avanti il progetto.
La decisione di dare o meno fiducia alle persone che attualmente ricoprono tali posizioni, oggi deve essere abbastanza rapida”.
La Proprietà appare, oggi, più lontana e meno coinvolta di quanto non accadesse a Roma, in passato.
“Sensi e Viola marcavano con la loro presenza la vita della squadra. I giocatori percepiscono la differenza, ora. Se ne possono approfittare? E’ un rischio che esiste. Il mio calcio è quello romantico di qualche tempo fa, legato alla vecchia figura del presidente mecenate (non solo perché tirava fuori i soldi). Queste sono figure che hanno sempre rappresentato un riferimento importante, anche come persone a cui affidarsi quando le cose vanno male. Ma il calcio oggi va in un’altra direzione. Bisogna, allora, essere più responsabili e non prendere la cosa come un alibi.
Non si gioca solo per i soldi, si gioca per la gente e per noi stessi che siamo professionisti”.
Alla fine, non si può non chiedere a Giorgio Perinetti se tornerebbe mai a lavorare per l’A.S. Roma.
“Magari! Non sono ipocrita: sono romano e sono nato nella Roma. Se potessi dare il mio contributo in questo momento di difficoltà, tornerei molto volentieri”.