La danza delle api, in scena la biodiversità

E se il teatro parlasse di ambiente, animali, rifiuti, insetti in via d’estinzione? Risponde a questa domanda il Teatro La Piccionaia con lo spettacolo La Danza delle Api che va in scena domenica 22 marzo a Centrale Preneste di Roma. Un lavoro che racconta ai ragazzi il rapporto difficile tra uomo e natura, un tema in essere che desta sì preoccupazione, ma può essere trattato anche con una buona dose di ironia. Non ci sono lupi parlanti o fate fiabesche a parlare ai più giovani di temi di grande attualità, ma due uomini comuni, interpretati da Matteo Balbo e Carlo Presotto, che firma anche il testo e la regia dello spettacolo. Proprio a lui abbiamo rivolto alcune domande su La danza delle api.

La danza delle api è uno spettacolo, una riflessione condivisa, un allestimento divertente e ricco di comicità. Ma c’è una storia? Chi sono i personaggi che la raccontano?
La storia (decisamente autobiografica) de La danza delle api è quella di due persone che leggono sul giornale del rischio di estinzione delle api e cercano di saperne di più sulle cause di questo fenomeno. Raccolgono domande sensate e domande incredibili, teorie strampalate e canzoncine consolatorie, fino a quando si trovano di fronte ad un indizio: un sacchetto di popcorn. Cosa c’entrano i pop corn, di cui entrambi sono ghiottissimi, con la scomparsa delle api? Come i nostri piccoli comportamenti quotidiani possono trasformare anche in modo radicale l’ambiente che ci circonda? Matteo e Carlo raccontano della loro ricerca, e da narratori diventano api e fuchi, insetti infestanti e piante di mais, danzando con il corpo, le parole e le immagini.

Il tema dell’ambiente e della vita delle api ritorna anche nella Conferenza buffa sulla biodiversità. Potete spiegarci cos’è una conferenza-spettacolo?
Una conferenza spettacolo nasce quando si rompe il proiettore con le slides ed i video, ed i due conferenzieri devono interpretare dal vivo le teorie sull’estinzione dei dinosauri, oppure la lista degli ingredienti di una cotoletta di pollo del supermercato. Il vero problema ha origine quando uno dei relatori cerca tra il pubblico una signora che possa aiutarlo a spiegare il famoso problema di Leonardo Pisano detto Fibonacci (che tratta della riproduzione dei conigli), ed il marito non è d’accordo.

La biodiversità, il rispetto per l’ambiente e per gli animali sono questioni al centro di un “ciclo” di spettacoli del Teatro La Piccionaia: L’acqua invisibile, La vita segreta degli oggetti e La danza delle api appunto, il primo di questa serie. Questo teatro ha il merito di parlare ai più giovani della contemporaneità in modo semplice e divertente. Oltre le favole e le storie della tradizione, sembra che abbiate trovato una strada artistica per raccontare ai ragazzi i problemi legati all’ambiente. Come avete lavorato su questi temi?
Si tratta di un percorso nato da una serie di incontri. In particolare mi piace citare gli artisti di Babiloniateatri, con i quali nel 2009 abbiamo affrontato una scommessa impossibile. Si trattava di mettere in scena la risposta di uno scienziato alla domanda posta da un bambino sul futuro dell’umanità. Eravamo parte di un progetto che coinvolgeva diverse compagnie, ed a noi è toccata la domanda “Cosa mangeremo in futuro?” con la risposta di Paul Roberts.
Da lì è nato uno spettacolo, Special Price sul rapporto con il cibo, ed una ulteriore collaborazione con il Festival della Scienza di Genova con la realizzazione de La danza delle api. In quel contesto si è creato un legame ancora in atto con il laboratorio di educazione ambientale dell’Arpa Friuli Venezia Giulia, una realtà interessantissima fatta di esperti e ricercatori che si pongono il problema di come comunicare in modo efficace una serie di tematiche sul futuro del pianeta, e con i quali abbiamo realizzato diversi eventi e spettacoli. Il metodo di lavoro costruito in questi anni è semplice: un’intensa campagna di laboratori creativi con i ragazzi che a partire da conferenze spettacolo ci portano verso la costruzione di sogni e visioni sul palcoscenico ed oltre.

Nel vostro teatro, non solo in questo spettacolo, le proiezioni video hanno un ruolo fondamentale. Come costruite il dialogo tra immagini e attori?
Le immagini che usiamo lavorano al nostro fianco sulla scena, generano non solo visione, ma soprattutto azione. Questo succede sia quando sono prodotte in diretta sotto la telecamera, come nella tecnica del teleracconto, sia quando vengono generate da dispositivi digitali che interagiscono con gli attori.
Entrare ed uscire dall’immagine elettronica significa mettere in pratica un confine sensibile, un territorio caldo della contemporaneità, soprattutto per le generazioni più giovani. Come nella costruzione della drammaturgia sono proprio loro, i ragazzi,  le nostre prime fonti di ispirazione per mettere in discussione e ridisegnare il nostro approccio.