“The Voice of Italy”: quello che conta è solo la voce

Ecco il nuovo talent targato Raidue: giovedì scorso ha aperto i battenti “The Voice of Italy”, programma tutto nuovo del palinsesto Rai, condotto da Fabio Troiano.

La prima puntata, che si è aggiudicata ben 3 milioni e 370 mila spettatori, ha visto confrontarsi sul palco cantanti non professionisti giudicati da quattro coach d’eccellenza, Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante, Piero Pelù e Noemi. Un esordio da non sottovalutare, con un buon 12% di share, se si pensa che la concorrenza non era per niente facile da espugnare grazie alla nuova fiction di Elena Sofia Ricci su Raiuno, a “Benvenuti al Sud” su Canale 5 e a “Servizio Pubblico” su La7.

A metà tra talent e reality, il nuovo programma potrebbe sembrare una copia rivisitata di un format come quello di “X Factor” che la Rai ha ospitato negli scorsi anni, ma già dalle prime battute si intravedono atipicità e caratteristiche proprie che lo rendono uno show (a suo modo) sui generis. Di certo abbiamo le stesse figure di giudici pronti ad esaltare concorrenti di qualità o a giustificarsi e consolare con le solite frase fatte i cantanti scartati, e non manca il pubblico pieno di parenti e di fan che scalpitano peggio che ad una partita di calcio; ma non sono da meno altre novità che balzano agli occhi di tutti. In primis, a fare da filo conduttore di tutto il programma, vuole essere un solo elemento portante, non casualmente ripreso nel titolo stesso della trasmissione: la voce. Per questo preciso motivo i giudici, rigorosamente di spalle, sono chiamati a scegliere i cantanti migliori basandosi solo sulle loro capacità canore e non su quelle estetiche. “Scegliere solo la voce e non l’aspetto del cantante è bello e molto rivoluzionario perché viviamo nell’epoca dell’immagine” – Piero Pelù ha detto la sua sulla regola base del talent – “Noi scegliamo i nostri cantanti solo in base alla loro interpretazione vocale, così si rovesciano tutti i parametri di valutazione del mondo odierno”.

Ma non solo voce per lo show di Troiano. Altra chicca che si è subito notata è la mancanza della base ad accompagnamento dei cantanti, ora sostituita da musicisti in carne ed ossa;  per di più, alcuni degli stessi concorrenti hanno potuto cantare sul palco con il loro strumento. Insomma, pieno spazio alla musica a 360 gradi, e niente di più. Ovviamente, seguendo questa precisa linea stilistica, automaticamente sono stati messi al bando anche i vari personaggi che attirano audience, i classici fenomeni da baraccone palesemente inopportuni e qualitativamente scarsi che magari, in altre arene mediatiche, avrebbero avuto la meglio guadagnandosi il sorriso di giudici e spettatori. Ed è questa forse la novità più eclatante del programma: pur nascendo in televisione “The Voice of Italy” non vuole essere solo mero spettacolo acchiappascolti, ma uno show di contenuti, di qualità, di vera bella musica. Le buone intenzioni per ore ci sono tutte, vedremo se ne sarà veramente all’altezza (pubblico italiano permettendo).

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