Rieletta Aung San Suu Kyi sulle note di ‘Walk on’
‘Vai avanti Suu Kyi’ cantavano gli U2 per ringraziarla, per incoraggiare quel lungo viaggio che aveva intrapreso nel 1988 così poco delineato da confini, tanto incerto e devastante in ogni sua forma. Ad oggi appare, come allora, incastonata in un corpo esile a dettare legge quell’inconfondibile eleganza così sobria, contenuta, raccolta, come se in quel lungo vestito non fossero contenuti quasi 20 anni di arresti domiciliari, ingiustizie, prigionia e attentati alla sua vita.
Suu Kyi si sentiva libera anche in una cella stretta e buia, perchè tutti i principi che la guidavano erano insiti nei suoi geni e divenuti troppo noti al mondo intero. Lei rappresentava l’altra faccia della Birmania, quella realtà che per anni si insinuava come un mormorio sotterraneo ma così fastidioso all’eco dei regimi tanto coercitivi.
‘E’ solo questione di tempo’ ritmavano gli U2 nel 2000 dopo la morte del marito che non ha potuto riabbracciare e la lontananza da Alexander e Kim, i suoi due figli che non ha mai rivisto, per una ragione che la società usa definire con una parola disarmante : la scelta.
Parte per quel viaggio chiamato alle volte maledetto, nel 1988. Parte per assistere la madre gravemente malata e si ritrova nel mezzo della presa di potere del regime militare. Lei opta per la non-violenza, come le era stato insegnato e fonda l’LND, il partito d’opposizione in nome della democrazia. Poi l’evento cruciale, destinato a stravolgere per sempre l’assetto della sua vita: gli arresti domiciliari e un biglietto per la libertà con l’ordine di lasciare il Paese per sempre. Lei sceglie di rimanere per il suo popolo, per la storia che avrebbe scritto un giorno, per il padre ucciso dal gioco perverso della politica, per quel dna che non le consentiva malgrado la lacerazione interna di salvare solo se stessa.
L’anno successivo durante le elezioni ottiene una vittoria schiacciante, ma la scalata alla presidenza dei ministri le viene negata dall’atto di forza militare. Poi un premio Nobel per la pace nel ’90 che ritira solo 21 anni dopo. Dal 1990 al 2002 gli viene negato ogni diritto di espatrio nonchè di accogliere i familiari nel Paese. I suoi figli diventano grandi lontano da lei, e tra Stati Uniti e Birmania si insinua un’informazione difficile da metabolizzare: la scelta di rimanere, perchè solo dall’interno c’è la speranza di trasformare. Nel 2009 un uomo tenta di raggiungere la sua casa a nuoto, evento che la relega atri due anni agli arresti e ai lavori forzati. Poi liberata, ottiene un seggio in parlamento.
Il 10 marzo scorso Aung San Suu Kyi è stata rieletta Presidente della Lega Nazionale per la Democrazia dai 120 membri del Comitato Centrale. Insieme al suo partito punta alle elezioni del 2015, e nel frattempo vorrebbe viaggiare.
di Nicoletta Renzetti