Gli studenti in Birmania lottano per l’istruzione
Sono stati accerchiati nel mezzo della loro marcia per il diritto a un’istruzione libera. Circa duecento studenti birmani, che si erano rifugiati in un monastero buddista a Letpadan dopo oltre una settimana di assedio da parte della polizia, sono stati attaccati, picchiati e trascinati sui furgoni. La polizia è penetrata nel cortile e nella foga della repressione ha usato i suoi bastoni sugli studenti e anche sui monaci e sui giornalisti che si erano uniti alla protesta.
Per capire cosa sta succedendo bisogna fare un passo indietro. Un tempo il sistema educativo del Myanmar (ovvero la Birmania) era considerato tra i migliori di tutta l’Asia. Decenni di dittatura militare hanno però imposto uno stretto controllo su licei e università sgretolando ogni ambizione di libero pensiero. Dal 2011, con la fine della dittatura militare e l’avvio di un governo semi-civile guidato dall’ex generale Thein Sein, si cominciò a sperare in qualche piccolo passo in direzione democratica, ma questo percorso ha già subito bruschi arresti. Già dall’inizio di quest’anno gruppi universitari e liceali birmani sono scesi in strada per chiedere di apportare sostanziali modifiche a una Legge di riforma dell’istruzione che, a loro avviso, viola la libertà accademica e non rispetta i diritti di tutti i cittadini. Le rimostranze che gli studenti fanno a questo National Education Bill sono esplicate nelle principali richieste di modifica avanzate, ovvero l’innalzamento dell’istruzione obbligatoria e gratuita alle scuole medie, una maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche, maggiori fondi per la scuola, l’introduzione dello studio delle lingue minoritarie nei programmi e soprattutto la possibilità di formare sindacati autonomi di studenti e insegnanti. La preoccupazione maggiore per gli studenti riguarda l’istituzione, prevista dalla proposta di legge del Governo, di una Commissione nazionale per l’educazione, che porta con sé il pericolo di un controllo dall’alto dei sistemi educativi delle singole scuole.
Partiti a gennaio da Mandalay, i manifestanti hanno intrapreso una marcia di protesta diretta fino a Yangon, la più grande città della Birmania. Dopo settimane nelle quali cresceva il sostegno popolare nei confronti degli studenti, il Governo birmano si è visto costretto a cercare un accordo, che è stato raggiunto il 14 febbraio accogliendo molte tra le richieste dei manifestanti. Tuttavia l’esecutivo avrebbe già sconfessato le promesse, definendo l’intesa una semplice bozza e continuando a lavorare de facto sulla Legge di riforma così com’era. Gli studenti dunque continuano ostinati la marcia per i loro diritti. Non è la protesta di un giorno ma una lotta importante e dolorosa, che la polizia ha tentato di spezzare con i manganelli e di fermare con le manette nel monastero di Letpadan. Ma gli studenti del Myanmar hanno nel sangue il coraggio e la determinazione. Sono stati proprio gli studenti, nel 1988, a dare il via alle prime proteste pro democrazia, e i giovani di oggi quella strada non l’abbandonano, continuando a lottare fino al 15 marzo, quando la bozza passerà al vaglio del Parlamento, e se occorrerà ancora oltre, per affermare il diritto inalienabile a un’istruzione democratica, a un pensiero libero.