Dakota Johnson e le infinite sfumature della polemica
C’è un confine sottilissimo tra parodia e cattivo gusto, esattamente come ce ne è uno altrettanto sottile tra un film audace e uno brutto fatto solo per incassare milioni di dollari; a Dakota Johnson sono bastate poche settimane per oltrepassarli entrambi. L’essere stata scelta come protagonista femminile della trasposizione cinematografica del best seller 50 sfumature di grigio può aver dato alla figlia di Melanie Griffith e Don Johnson una discreta dose di fiducia nelle proprie abilità recitative, facendole probabilmente dimenticare le critiche rivolte al film e l’insurrezione dei fan del romanzo che, appena reso noto il cast dell’attesa pellicola, avevano invocato a gran voce la sostituzione della Johnson con la ben più amata, bella e conosciuta Alexis Bledel – indimenticata Rory Gilmore di Una mamma per amica – e che, ancora oggi, continuano a sperare in un rimpiazzo per i prossimi due capitoli della trilogia. Ma se la tua carriera d’attrice fino all’altro ieri era riassumibile in una partecipazione ad un film diretto dal patrigno Antonio Banderas in cui hai interpretato la figlia della tua vera madre a la sorella della tua vera sorella, in una serie tv cancellata dopo la prima stagione, in una veloce scena ne The Social Network e in varie apparizioni qua e là, ed ora sei in un film campione di incassi, forse la cosa migliore da fare è accontentarsi della fortunata occasione avuta con il ruolo di Anastasia Steele e cercare di non dare un motivo per diventare ancora più antipatica ad una società – quella Americana – a cui tanto piace parlare di meritocrazia. E invece la piccola Dakota non ha resistito e ha sentito il bisogno di dare un nuovo pretesto a gran parte dei suoi connazionali (e non solo) per entrare nel gruppo sempre più numeroso dei suoi haters, “gli odiatori”.
Al centro delle polemiche 98 secondi. 98 secondi andati in onda nel corso dello storico programma Saturday Night Live e sufficienti a scatenare infinite critiche e qualche indignazione. Se vi state chiedendo cosa mai sia potuto accadere in un minuto e mezzo, ecco subito accontentata la vostra curiosità. Facciamo un passo indietro e arriviamo al 1° febbraio, serata della 49esima edizione del Super Bowl. In uno spot strappalacrime creato per l’occasione da una nota marca di automobili, una figlia viene amorevolmente accompagnata dal padre in aeroporto; lei trova lì ad attenderla dei soldati americani felici di accoglierla tra di loro, lui nel frattempo ha ricordato tutti i fondamentali momenti della crescita passati insieme. Insomma, tante lacrime, grossi sorrisi, famiglia ed esercito. Tutto in pieno stile americano. In pieno stile dell’irriverente Saturday Night Live è stata, invece, la parodia di questo spot andata in onda nei 98 secondi incriminati. A bordo della stessa macchina rossa, un’emozionata Johnson viene portata al terminal dal papà – con il volto di Taran Killam, noto per essere il marito di Cobie Smulders, nota per essere stata la Robin di How I Met Your Mother – ma qui, a differenza dell’originale, i due iniziano a parlare. Le solite raccomandazioni di un padre ad una figlia in partenza, Dakota che, zaino in spalla, scende dalla macchina e ringrazia commossa il genitore altrettanto commosso e finalmente anche lei, come la ragazzina dello spot n. 1, raggiunge coloro che la stanno aspettando. Solo che ora non ci sono aerei e militari statunitensi in uniforme ma un convoglio di uomini dell’Isis. Si scopre così che Dakota, o meglio la giovane americana che interpreta, è pronta a partire per arruolarsi con loro e, al padre che le ricorda di stare attenta, risponde con: Dad, It’s just Isis, “Papà, è solo l’Isis” + sorriso + occhiolino. Ma questo evidentemente non basta a tranquillizzare l’apprensivo genitore che si rivolge speranzoso ad uno dei combattenti e sussurra: “Prenditi cura di lei”, ricevendo come risposta un confortante: “Morte all’America”. Raffica di colpi di mitragliatrici in aria, il camion che sfreccia via con la nuova compagna a bordo, primo piano finale del padre commosso.
Questo andava in onda sabato 28 febbraio. Dal 1 marzo il web si è diviso, e non proprio a metà. Se alcuni (pochi) hanno trovato lo sketch divertente e spiritosamente irriverente, Twitter è diventato in pochi giorno luogo prediletto per i cinguettii di tutti coloro che invece si sono scagliati contro la gag, contro il programma e, ovviamente, contro Dakota, considerando la parodia eccessiva, irrispettosa e inopportuna. Per quanto i terribili fatti degli ultimi mesi abbiano portato molti a ribadire l’importanza della libertà di opinione, forse affidare la satira su un tema così delicato ad una 25enne inebriata dal primo assaggio di successo e che mai ha mostrato pubblicamente un interesse verso questioni politiche o simili, su cui incombe l’etichetta di “figlia di” e aleggia il fantasma dell’antipatia dei fan di Anastasia Steele, non è stata la mossa migliore per alzare le quotazioni della Johnson. Ma, in fondo, It’s just Hollywood. È solo Hollywood.