Giustizia negata: stupratore assolto, vittima di 11 anni si da fuoco

In Somaliland, precisamente nella regione di Sanag, una bambina di 11 anni si è suicidata dandosi fuoco. La motivazione di tale gesto va ricondotta a quanto accaduto lo scorso 6 settembre, data in cui la piccola è stata vittima di abuso sessuale da parte di un uomo di 28 anni.
In Africa settentrionale, la vicenda ha avuto scarsa risonanza e, pertanto, ActionAid, con il benestare della famiglia, ha deciso di diffondere questa triste storia. Se, inizialmente, era giusto mantenere il riserbo per non porre a rischio le indagini, oggi appare doveroso diffondere tale storia affinché vicende simili non si concludano nello stesso modo.

Cos’è successo. Mentre era intenta a raccogliere la legna, la giovane è stata colpita dal suo carnefice, cadendo a terra. A questo punto, l’assalitore le ha coperto il volto con il cappotto così da soffocare le urla.
L’uomo, se così può essere definito, ha inciso l’infibulazione attraverso un coltello, così da poter poi praticare la violenza. Ebbene si, l’infibulazione è ancora una realtà in Africa: una vera e propria barbarie, basata su una concezione non paritaria dei ruoli di moglie e marito: le donne non hanno diritto ad avere una reale attività sessuale, ma devono semplicemente essere “utilizzate” per la procreazione. L’infibulazione è antigenica e altamente pericolosa, oltre che innaturale.

Stupro e fistola.
«Non riuscivo nemmeno a camminare, ho strisciato fino a casa», ha raccontato la giovane agli operatori di ActionAid. Proprio grazie a questa organizzazione internazionale indipendente, alla fine, la bambina è stata curata. In un primo momento, quando la madre l’aveva portata di corsa in ospedale, i medici si erano rifiutati di visitarla a causa della mancanza di una lettera di deferimento da parte della polizia. Successivamente, non solo è stato confermato l’avvenuto stupro, ma è stata anche rilevata una fistola. A questo punto, la collaborazione tra ActionAid e Solidarity Community Development Organization (SCDO) ha permesso alla sfortunata di essere trasferita nella clinica di Borama, a 750 chilometri dal Sanag circa, per le cure necessarie.

Condanna e ritrattamento. Il caso è stato portato in tribunale e l’uomo è stato condannato a 8 anni di carcere: risultato abbastanza soddisfacente se si tiene conto della mentalità prevalente in Somaliland relativamente alla questione stupro, non altrettanto soddisfacente se, invece, si riflette sulla premeditazione e il carico di violenza che un atto di stupro comporta.
A seguire lo shock: la Camera degli Anziani della comunità ha deciso di non far scontare la pena allo stupratore, grazie al sistema consuetudinario della Xeer.
Questa vicenda è esplicativa del perché la maggior parte delle ragazze tenda a non denunciare i propri carnefici: è inutile, se non deleterio. Lo stupratore, infatti, aveva minacciato la vittima dicendole che, nel caso in cui avesse rivelato quanto accaduto, le avrebbe tagliato la testa.
Infine, il padre ha acconsentito alla liberazione dell’uomo per un risarcimento di 400 dollari: in poche parole ha ucciso sua figlia.

Il confine tra stupro e pedofilia è molto sottile: su 112 casi di violenze carnali avvenute nella prima metà del 2013 ad Hargeisa, 67 hanno come vittime ragazze sotto i 15 anni. Questi dati, riportati dal Sexual Assault Referral Centre (SARC) della capitale, sono davvero scioccanti se si pensa che l’età media dello sviluppo per le ragazze è intorno ai 12 anni: ciò significa che, molto probabilmente, alcune delle vittime sono state costrette ad avere un rapporto sessuale prima ancora che il loro corpo fosse “pronto”.
Nel caso in questione, la ragazza non è morta a seguito del trauma fisico riportato, ma ha volutamente posto fine alla propria vita, probabilmente ritenendo che questa fosse finita nel momento in cui ha subito la violenza.
In una società “normale”, a 11 anni non si è neanche iniziato a vivere la propria vita, a 11 anni bisognerebbe avere una famiglia in grado di prendersi cura di noi, alla quale affidarsi e della quale fidarsi ciecamente. Evidentemente non tutti hanno questa fortuna e non si tratta semplicemente di asimmetrie culturali, ma di vere e proprie discriminazioni di genere. Ancora una volta i ruoli sono stati invertiti: la vittima è l’uomo condannato a 8 anni di carcere per un “impeto di passione”, ormai visto come una consuetudine.

Stupratore assolto, vittima di 11 anni si da fuoco: basta ingiustizie