Renzi a Mosca sotto l’ombra dell’omicidio Nemtsov

Il capo dei servizi russi  Bortnikov ha rilasciato ieri una dichiarazione secondo cui ci sarebbero alcuni individui sospettati per l’omicidio Nemtsov, avvenuto la scorsa settimana a Mosca, mentre il politico passeggiava con la modella ucraina Anna Durytska. La ragazza, vicina a Nemtson da qualche anno, dopo tre giorni di interrogatorio in cui ha collaborato con la polizia moscovita per spiegare di non ricordare nulla di significativo sull’esecuzione, ieri è tornata a Kiev senza partecipare ai funerali dell’amato. L’indagine dei servizi russi deve dunque aver seguito un’altra pista per approdare, come riporta l’agenzia vicina al Cremlino Ruptly, all’estremista ceceno Aslan Alkanov e alcuni suoi complici provenienti dal Caucaso. Si da il caso che Alkamov sia morto il giorno dopo il delitto, inspiegabilmente “suicida”, giusto accanto a una borsa piena di documenti attualmente al vaglio delle forze di sicurezza. La vicenda puzza di servizi, resta soltanto da capire quali.

A scatenare i media occidentali contro Putin e lo stesso FSB, hanno contribuito una serie di circostanze indiziarie, fin troppe a dir la verità, che sembrano puntare verso il presidente Russo. L’omicidio è avvenuto a due passi dal Cremlino, il giorno prima di una manifestazione anti-governativa di cui lo stesso Nemtsov era tra gli organizzatori e, cupamente profetico almeno sulla propria dipartita, Nemtsov aveva dichiarato pubblicamente di sentirsi gravemente minacciato da Putin. Se è stato Putin, ha fatto del tutto per metterci sopra la propria firma al neon. Resta da capire perché lo avrebbe fatto. Nemtsov è un volto noto, ma politicamente in disgrazia da anni. L’elettorato non ha mai dimenticato il suo esordio politico nazionale quando, proveniente dall’oblast di Novgorod, Boris Eltsin lo volle come suo braccio destro nella svendita della Russia post-sovietica. In quel periodo Nemtsov, da ministro, si distinse per riforme che strapparono un applauso a Margaret Thatcher ma non altrettanto dal popolo russo, di cui avrebbe dovuto tutelare gli interessi. Anche dopo un evento eccezionale come la morte violenta avvenuta alla vigilia della protesta, la manifestazione trasformatasi in commemorazione ha raccolto una forbice, tra numeri della polizia e quelli degli organizzatori, tra le 21000 e le 70000 adesioni. Molte per la limitata area politica di Nemtsov, una goccia nel mare dei dodici milioni di moscoviti. Restano frustrate le speranze di chi si augurava la scintilla per una nuova rivoluzione colorata. In Russia per ora la terra è bagnata e non sembra ci sia spazio per primavere incendiarie.

In un momento in cui ha disperato bisogno di accreditarsi verso l’opinione pubblica estera, chiuso com’è tra l’embargo, la debolezza del rublo, il basso prezzo del petrolio e la guerra in Ucraina, se Putin avesse scatenato questo enorme boomerang diplomatico per liberarsi di un oppositore senza potere, per di più mettendoci la firma, sarebbe uno stupido. Quando il potere compie gesti eclatanti come questo per liberarsi di un avversario, la cosa accade in silenzio, lo si suicida o lo si coinvolge in uno sfortunato incidente. Il potere appone invece la propria firma su un delitto per intimidire la propria nazione, in genere subito prima o subito dopo un colpo di Stato, quando si deve cioè affermare un nuovo regime. Non che nelle circostanze adeguate Putin non ne sarebbe capace (nessuno purtroppo ha mai governato la Russia senza una rilevante dose di cinismo), semplicemente non ne ha bisogno: i nemici interni non sono una priorità finché aumentano le minacce esterne, considerando inoltre che Putin controlla le forze armate, la polizia e l’amministrazione pubblica russe e, soprattutto, ha i voti e il consenso dalla sua. E’ per questo che quando Gad Lerner paragona il caso Nemtsov a quello Matteotti condensa tre illazioni e una sciocchezza nello spazio molecolare di un unico Tweet.

Fermo restando che i servizi di sicurezza russi faranno trapelare sul caso Nemtsov soltanto quello che riterranno funzionale alla stabilità interna, e che questo potrebbe coincidere soltanto incidentalmente con la verità di quanto accaduto, nelle sue ultime dichiarazioni Putin concorda su un punto coi media occidentali: si tratta comunque di un omicidio politico. Nel caso in cui non fosse stato Putin il mandante dell’omicidio, si tratterebbe allora di uno smacco alla sua autorità svoltosi a due passi dal centro del suo potere, forse per screditarlo o forse no, ma in ogni caso con un ritorno di immagine devastante per il Cremlino. Un’eventualità nella quale una dura reazione dello Zar contro gli eventuali altri mandanti, interni o esterni, non tarderebbe ad arrivare.

Dopo aver fatto tappa a Kiev per solidarizzare con la causa Ucraina, è in questo clima che oggi Renzi incontrerà Putin e renderà omaggio alla tomba di Nemtsov. Palazzo Chigi lascia trapelare che l’incontro sarà orientato alla real-politik, con un atto ostile come un embargo di mezzo, nuove sanzioni in arrivo e una guerra ai confini d’Europa. Sarebbe ora che, anche soltanto in nome dei reciproci interessi, si trovasse con la Russia un dialogo non del tutto allineato con l’isteria atlantico-baltica  che sembra guidare ultimamente la politica estera europea. Sempre che a Minsk Merkel e Hollande abbiano almeno in parte aperto una via di comunicazione alternativa.

@aramcheck76

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