Fondamentalista si nasce, ed io lo nacqui
Si definisce da sempre fondamentalista napoletano e i suoi spettacoli sono, per chi come me è cresciuto all’Ombra del Vesuvio, un appuntamento imprescindibile per chi vuol trascorrere due ore in allegria affrontando temi e situazioni mai banali per poi uscire dalla sala più ricco e consapevole comunque la si pensi. Stiamo parlando di Simone Schettino fiero e orgoglioso delle proprie origini stabiesi e felice dell’ottima accoglienza tributata al suo show Fondamentalista si nasce dagli spettatori romani che hanno avuto il piacere di vederlo al Teatro dei Satiri (18 febbraio – 1 marzo). Spirito e battute sempre pronti e disponibilità nell’affrontare a trecentosessanta gradi i temi più disparati che toccano le corde del nostro vivere quotidiano.
Buongiorno Simone, da oltre vent’anni ti definisci fondamentalista parola che ahimè evoca scenari inquietanti oggigiorno. Che significato ha per te oggi questa parola?
La intendo ovviamente nella sua accezione positiva, intesa come filosofia pacifica che da sempre ci contraddistingue. Per me essere Fondamentalista napoletano vuol dire essere consapevoli delle proprie origini senza vanto né vergogna. Non trovo affatto giusto che il circo mediatico speculi utilizzando le mele marce, che ovviamente ci sono, per crocifiggere la nostra città sputando veleno. Io difendo questa città che mi ha dato tanto e cha a differenza di tante non ha alcun pregiudizio verso gli altri.
Nel tuo spettacolo affronti con la tua solita chiave comica temi attuali e dibattuti fino alla noia scagliandoti contro il luogo comune fine a se stesso.
Sono convinto che ognuno di noi abbia le capacità e la consapevolezza di formarsi un’opinione propria qualunque essa sia, il mondo è globalizzato e viaggia una velocità impressionante e l’immobilismo delle nostre menti a volte è insopportabile. Chiedersi il perché di certe dinamiche lasciando da parte le solite prese di posizione stereotipate credo sia un modo corretto per affrontare meglio la vita di oggi senza cercare alibi.
Nei tuoi show questo sguardo più consapevole verso l’attuale è un sintomo concreto di una tuo andare oltre senza perdere il sorriso?
Il comico ha il dovere di far divertire che viene a vederlo, ma uno show di due ore deve avere dei contenuti a prescindere, a me piace che la gente abbia degli spunti di riflessione senza dover sacrificare la risata. Un insieme di gag non starebbe in piedi da sola e vorrei che la gente traesse spunto dalle mie posizioni, condivisibili o meno, e si confrontasse con spirito critico evitando il pensiero massificato che reputo deleterio.
Napoli è per te ancora un palcoscenico aperto e grande fonte d’ispirazione?
Penso che Napoli vada difesa contro ogni forma di sciacallaggio, una città che sa accogliere lo straniero con calore e sa accontentarsi di una carezza per aprirti il suo cuore. E’ un teatro a cielo aperto dove chi ha la fortuna di fare il mio lavoro può attingere a piene mani traendo spunto dalla grande umanità che la pervade. Per fare un esempio concreto mi sarebbe piaciuto che i media avessero dato più risalto alle dichiarazioni pacifiche della mamma di Gennaro Esposito, invece l’attenzione è stata da subito dirottata su Genny la Carogna, figura negativa e in linea con un’immagine che di questa città si vuol dare a tutti i costi.
La comicità per fortuna avvicina ed elimina le barriere?
Si questo è vero e io ne sono un testimone vivente. Negli spettacoli al nord ho sempre avuto ottimi riscontri e nessun pregiudizio. Credo che il male di questa società italiana sia nel classismo e non nel razzismo e la cosa è ancora più patetica perché è legata al denaro e non alle persona. La povertà da noi è una bestia rara da evitare come la peste, da qui nasce uno dei cancri sociali che ci avvolgono. Avendo l’opportunità di andare spesso in Sud America ho avuto le percezione netta che la ricetta magica loro allegria stia proprio nell’accettazione dignitosa della povertà senza alcuna vergogna.
Far ridere oggi è sempre più difficile, perché mancano talenti o perché c’è ben poco da ridere senza scadere nel trash? Totò, Massimo Troisi ci mancano e sembrano irraggiungibili.
Purtroppo è vero oggi i tempi comici vengono scanditi dalla TV che concede quattro minuti a un comico riducendo all’osso le sue capacità artistiche. Oggi tutto si consuma e viene bruciato in fretta e lo share fa il resto per cui si preferisce prendere un pacchetto di artisti ad usato sicuro anche se di dubbio valore. Colpa anche dei reality che permettono quasi a chiunque di tentare la sorte senza nessun talento pur di apparire. Totò, Troisi, Mina, Celentano, prima in tv c’erano solo pochi canali e i big apparivano come icone, oggi si vende merce e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Quali accorgimenti usi quando ti rivolgi ad un pubblico non napoletano?
Innanzitutto sei tu artista che devi coinvolgere il pubblico avvicinandoti a lui. Nel mio caso basta ridurre la velocità usando in maniera più efficace la mimica che a noi napoletani non manca. L’intonazione, quella, rimane uguale da vero fondamentalista napoletano.
Un’ultima riflessione sul sistema Italia tra tagli di fondi alla cultura e teatri che chiudono.
Il nostro è un Paese che non ha mai gradito le vie di mezzo, prima si sperperava ora i tagli sono drastici dappertutto, d’altronde se siamo destinati a sorbirci comici da quattro minuti in tv lo dobbiamo anche alla carenze di chi dovrebbe dare alla cultura un’importanza cruciale e non lo fa. Per fortuna c’è il web che funge da tua televisione personale ed è un ottimo mezzo per diffondere la cultura, strumento che utilizzo mettendo in rete i miei spettacoli passati permettendo a chiunque una visione comoda e a costo zero.