Roma e l’architettura moderna ricordando l’architetto Cesare Ligini

C’è da chiedersi perché la città di Roma, più correttamente i suoi amministratori, abbiano un così difficile rapporto con l’architettura moderna? Forse il suo  passato architettonico splendido ed unico, ma allo stesso tempo ingombrante, non lascia spazio alla modernità, al  presente, a nuove esperienze e progetti? Non so se si può spiegare in questo modo la sciatteria, l’incuria e l’abbandono in cui versano a Roma molte opere di architettura moderna, come alcuni edifici di Ligini all’Eur,  la posta di piazza Bologna di Ridolfi, il cinema Airone di Libera.  Ma questa città  può permettersi di dissipare questo patrimonio di storia, di cultura e di  ingegno?

Per cercare di fare in parte giustizia a un architetto, purtroppo dimenticato dalla cultura romana, che ha concorso a disegnare la Roma contemporanea,  è stato pubblicato un libro dal titolo Cesare Ligini architetto, edito da Prospettive, frutto di una paziente ricerca da parte dell’Osservatorio sul moderno. Dal 1995 l’Osservatorio, diretto da  Gaia Remiddi e Antonella Greco, rappresenta  un punto di riferimento  per la documentazione, la conoscenza e il dibattito sul patrimonio architettonico moderno di Roma. Cesare Ligini, nato a Roma nel 1913, frequentò il Liceo artistico di Via Ripetta e nel 1939 si laureò in Architettura. Iniziò la sua carriera come scenografo, ma già prima del 1940, anno in cui venne richiamato alle armi nella Seconda Guerra Mondiale,  partecipò a importanti concorsi di architettura, attività che riprenderà nel dopoguerra ottenendo i primi incarichi e partecipando a molti concorsi di progettazione nazionali ed internazionali. Negli anni 1950-70 si specializzò nell’architettura per lo sport, progettando stadi, campi sportivi, piscine, palestre, piste ciclistiche come il Velodromo all’Eur per le Olimpiadi, che si tennero a Roma nel 1960, e l’Istituto di Medicina sportiva all’Acqua Acetosa. Ligini era un progettista “né accademico né palazzinaro”, in bilico tra sperimentalismo e professione. Ma la sua opera è stata dimenticata fino alla sua distruzione, come è successo per il  Velodromo Olimpico di Viale della Tecnica inaugurato nel 1960 e abbattuto nel 2008 per costruire un grande parco acquatico, la “Città dell’acqua”, un progetto opaco, mai partito, targato Eur Spa, dove sembrerebbero aleggiare ombre inquietanti di spreco e malaffare.

Che cosa rimane dell’architetto Cesare Ligini a Roma? Il solo convitto delle suore Dorotee, tutto il resto come l’istituto di Medicina Sportiva, il Velodromo, le Torri del Ministero delle Finanze, ridenominate con triste ironia Beirut, è stato distrutto, trasformato o versa ormai in uno stato di grave degrado.

Il libro su Cesare Ligini architetto contiene schede molto dettagliate, che descrivono le opere più importanti da lui progettate e testimoniano il suo contribuito alla qualità dell’architettura moderna a Roma. Si tratta di una pubblicazione, fortemente voluta dal nipote Renato Nicolini, l’indimenticato assessore alla cultura del comune di Roma, che si è battuto fino alla fine per salvare le opere dello zio Cesare. In Cartoline 2005-2012 (2010-n.9), scriveva: “Il Velodromo è stato fatto saltare in aria da un prefetto falsamente gordiano, incapace di ordinare, a chi lo aveva minato senza averne il diritto, di sminarlo. Superiori ragioni di sicurezza. Al posto del centro di fitness acquatica che avrebbe dovuto prenderne il posto, sono state annunciate, tanto per cambiare, nuove abitazioni. Soddisfatta la rendita immobiliare, Roma si candida di nuovo alle Olimpiadi, per il 2020, anche se intanto è rimasta senza Velodromo. Per quella data forse saranno stati completati gli impianti dei Mondiali di Nuoto. Le Torri del Ministero delle Finanze – altro vanto di Cesare – sono state da tempo ridotte a due scheletri. Al loro posto, nell’area del cantiere della Nuvola, dovrebbero sorgere un albergo di Fuksas e un condominio residenziale a cinque stelle della Renzo Piano Workshop Building”. Ancora  Nicolini  scriveva nel suo ultimo articolo uscito postumo  sulla rivista di architettura “L’architetto italiano” (2012):  “Se poi Roma riprendesse la strada felice dell’arte e dell’architettura potrebbe essere possibile (manteniamo perciò questo spazio vuoto libero da occupazioni edilizie!) ricostruire il Velodromo di Ligini com’era e dov’era …..I disegni esecutivi ci sono tutti, e io parteciperei  con gioia alla ricostruzione”.

Il libro su Cesare Ligini può contribuire a promuovere la riqualificazione e valorizzazione dell’architettura moderna e contemporanea a Roma,  favorendo la ripresa di un dialogo culturale con la politica. I tempi attuali sembrano più favorevoli, stiamo assistendo ad un cambiamento di rotta nelle nostre istituzioni,  Franceschini, l’attuale ministro dei Beni Culturali, è intervenuto  per bloccare la vendita da parte dell’ Eur Spa dei capolavori dell’architettura razionalista , come l’Archivio centrale dello stato. E sono  proprio di questi giorni le dichiarazioni dell’assessore all’urbanistica Caudo  ”Lo sviluppo dell’Eur è tutto da ripensare” e  annuncia la progettazione di un laghetto al posto del Velodromo  (meglio delle residenze di lusso ipotizzate) e un intervento di riqualificazione urbana per le torri Ligini, che le trasformerà  “da simbolo del degrado in un punto di attrazione per la città”. Come scriveva  Nicolini  nel suo ultimo articolo  “Qualche volta per andare verso il futuro occorre tornare al passato….Mi potrei immaginare mio zio Cesare per una volta sorridente”.

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