Gli ermellini, con la sentenza n. 21107/14 hanno statuito che “un’amministrazione pubblica non può trattare liberamente i dati personali che riguardano la vita sessuale del proprio dipendente, neanche se l’indagine è finalizzata alla verifica dello svolgimento dell’attività di prostituzione mediante la pubblicazione di annunci su internet”.

Il caso in questione riguarda una controversia insorta tra il Garante della privacy e una Provincia in merito a delle indagini svolte dall’amministrazione Provinciale circa l’utilizzo, da parte di un proprio dipendente, di alcuni siti internet per offrire incontri sessuali a pagamento.

Inizialmente il Garante decideva di vietare alla Provincia di trattare tale tipo di informazioni sensibili, ritenendo illegittima la loro raccolta.

La Provincia, dal canto suo, impugnava la decisione avanti al Tribunale competente trovando accoglimento in primo grado.

Il giudice di prime cure riteneva che la raccolta delle informazioni pubblicate dal dipendente su internet non avesse in alcun modo violato le norme del codice della privacy (Dlgs 196/2003), essendosi limitata, la Provincia, a raccogliere i dati necessari ad attivare una procedura disciplinare, senza, con questo, invadere la privacy sessuale del dipendente.

Il Garante ha deciso di proporre ricorso in Cassazione ottenendo il ribaltamento della sentenza.

Secondo la Suprema corte, “il trattamento dei dati personali cosiddetti supersensibili è ammesso dal codice della privacy soltanto se espressamente autorizzato da una norma di legge”, che deve anche specificare i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili sugli stessi e le finalità di interesse pubblico perseguite.

Secondo la costante giurisprudenza il trattamento dei dati sensibili è legata alla contestuale presenza del consenso scritto dell’interessato e all’autorizzazione del Garante.

Nel caso di specie è stato realizzato un trattamento di “dati sensibili”, che in quanto tale avrebbe dovuto essere effettuato secondo le regole ordinarie.

Considerato che il caso del dipendente ricadeva, secondo la Corte, nelle ipotesi di gestione del rapporto si deve considerare illegittima.

 

 

09/01/2015