La disoccupazione rende l’uomo “alienato”

La disoccupazione giovanile continua ad aumentare. Le notizie in realtà che trapelano dai mass media parlano di riforme, di nuovi concorsi, di molte altri “miti” che non fanno altro che incentivare false speranze, soprattutto nei giovani. È vero che chi si trova senza lavoro è una generazione intera, giovani e non, ma è anche vero che la società in cui viviamo sembra abbindolare soprattutto i ragazzi con possibilità di lavoro che in pratica non esistono e non sono mai esistite. Basti pensare a tutti quei giovani che nel corso della settimana, come un appuntamento quotidiano, si recano dal giornalaio a comperare quelle famose riviste “cerca lavoro” e si ritrovano alla fine della loro lettura, con mille dubbi, mille quesiti, mille indirizzi mail cui inviare curriculum, ma senza risposte certe e benché mai un posto dignitosamente accettabile.

Ci ritroviamo nell’epoca in cui aspirare ad un lavoro “economicamente accettabile” risulta quasi un miraggio; dove tutto ciò che viene propinato alla massa di giovani disoccupati sono turni di lavoro assurdi, per paghe altrettanto assurde, parliamo di 200 euro o giù di li in un mese, per poche ore di lavoro. Un grande filosofo tedesco, Karl Marx, ha parlato in tutta la sua filosofia di lotta di classe e proletariato, e ha sempre affermato che l’uomo senza lavoro è alienato. L’alienazione dell’uomo nel lavoro implica quella forma di annichilimento, di discernimento dalla realtà, che fa sì che non troviamo più un senso per alzarci la mattina e renderci utili, che ci fa sentire annichiliti e appunto disorientati e alienati dal resto della realtà che cerca di dare un senso alla propria esistenza e cerca, appunto, di farlo, soprattutto attraverso il lavoro. D’altronde la nostra costituzione ci ha sempre ricordato che la repubblica è fondata sul lavoro, ma evidentemente è per pochi intimi la possibilità di ambire a questo. L’Italia a quanto pare è sempre più documentabile per il tasso altissimo di disoccupazione, che non è diminuito, anzi, ha solo lasciato il posto a notizie più importanti; la disoccupazione giovanile d’altronde non è un problema di ordine pubblico! I disoccupati tra i 15-24 anni sono 710mila e il tasso di occupazione giovanile si attesta al 15%. Secondo l’Istat, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ad agosto in Italia è stato del 44,2%, in aumento di un punto percentuale rispetto al mese precedente e di 3,6 punti nei dodici mesi. Dal calcolo sono esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, ad esempio perchè impegnati negli studi. Sul totale della popolazione giovane, infatti, i senza lavoro sono all’11,9%, stabili rispetto a luglio ma in crescita di 0,7 punti percentuali rispetto al 2013.
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Tornando ai dati, quelli che colpiscono il “futuro” dell’Italia, i suoi giovani, mettono in ombra i miglioramenti registrati sul tasso complessivo. Sempre il mese scorso gli occupati sono risultati 22,38 milioni, in aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente (+32 mila) e sostanzialmente invariati su base annua, per un tasso al 55,7%. La mancanza di lavoro, dunque, dovrebbe rendere le autorità, lo Stato e la società consapevole del fatto che l’Italia è costituita da una massa di ragazzi/e giovani allo sbaraglio, che sperano di affermare se stessi attraverso il lavoro, di gente adulta che lo ha perso e si ritrova a dover far vivere la famiglia con pochi euro al mese, di persone che per conoscenza hanno un’occupazione, di politici che vanno in giro con auto blu. La cosa certa di tutto, ovviamente, in tono paradossale, se è il fatto che il lavoro non c’è, è anche vero che questa situazione di malessere deve cambiare e al più presto.