Un Eurogruppo al cerchio, uno alla botte.
Dopo giorni di grande confusione e allarmismi più o meno verosimili, durante l’Eurogruppo di ieri sera, fondamentale per il futuro del rapporto tra Grecia ed Europa, si è scelto sostanzialmente di prendere tempo.
Nessuno ha tirato la corda fino a farla spezzare: né Atene, né quel variopinto quadro di soggetti istituzionali, e non, che trattano con il governo di Alexis Tsipras. Il governo di Atene, tristemente solo in questa battaglia, era ben consapevole che con l’avvicinarsi della scadenza del Master Financial Assistance Facility Agreement (MFFA), prevista per il 28 febbraio, la sua forza contrattuale sarebbe drasticamente diminuita fino a collassare in un dentro o fuori che rischiava di spezzargli le gambe anzitempo. Dunque aveva già aggiustato il tiro due giorni fa con la lettera del ministro delle Finanze Yannis Varoufakis al presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, seguita all’Eurogruppo del 16 febbraio, clamorosamente fallito.
Occorre in tal senso specificare una cosa: le richieste di Atene in questo momento sono concentrate espressamente sull’MFFA, che è “solo” l’accordo di finanziamento tra la Grecia e i partner europei e non sussume in sé stesso le misure di austerity imposte dalla Troika. In principio Atene aveva chiesto un emendamento del programma, ma di fronte al muro di Berlino ha riformulato la sua proposta chiedendo l’estensione dell’MFFA per altri sei mesi e cercare altre soluzioni. L’Eurogruppo di ieri ha offerto una proroga di quattro mesi, la cui conferma è legata a un piano di riforme che Atene deve presentare entro lunedì 23 febbraio.
Dunque una vittoria di Pirro per tutti, almeno per adesso, o, come dicono in Grecia, “un compromesso dignitoso”, che lascia del tutto aperta la questione ma tiene chiuso il vaso di Pandora.
Poiché da questo punto di vista tutto poteva succedere – e può ancora – e in definitiva nessuno, nel caso in cui la corda si spezzi, può pretendere di sapere come andrà a finire e chi sbatterà più forte il didietro per terra.
Gli irriducibili, Merkel e Troikamen al comando, spingono perché la questione del debito greco non diventi politica, come timidamente cominciano a dire dalla Francia, e fanno molta pressione sui loro alleati, Portogallo e Spagna in testa, perché mantengano un profilo aggressivo. Non a caso, perché tra poco in quei Paesi si vota, e i partiti conservatori attualmente al governo rischiano di fare una brutta fine. Quindi sarebbe opportuno schiacciare la Grecia oggi finché è sola, perché domani potrebbe non esserlo.
Infatti già da giorni, soprattutto negli ambienti teutonici, circolava con insistenza la voce che fossero in allestimento i preparativi del Grexit, l’uscita della Grecia dall’euro, ma parallelamente si aprivano delle piccole brecce di dialogo con le forze progressiste tedesche in quota SpD desiderose, se non di andare incontro a braccia aperte ai compagni greci, quanto meno di non sbattergli la porta sul muso. C’è un motivo: buona parte del blocco sociale del partito socialdemocratico tedesco, leader dei maggiori sindacati in testa, si è schierata dal lato di Atene e, dunque, una politica totalmente a rimorchio della Merkel potrebbe essere molto controproducente.
Ed è su questa linea che gli irriducibili rischiano molto, perché la questione, nonostante ciò che ne dicano, resta squisitamente politica, e tanto più lo diventa quanto più si insiste sul tentativo, tutto neoliberista, di ridurla a una questione tecnica.
In più, sebbene già si cerchi di rassicurare sul fatto che l’uscita dalla Grecia dall’euro non sarebbe un colpo per l’eurozona, si dimentica che uno scenario simile, quello sì, sarebbe un colossale terremoto politico dalle proporzioni e dalle conseguenze difficilmente immaginabili.
Non dimentichiamo che c’è stato un periodo in cui chi non aveva niente da perdere ha fatto una rivoluzione che, per prima cosa, ha annullato tutti i debiti con i Paesi europei. Forse sarebbe meglio non schiacciare i Greci nelle stesse condizioni: che già una volta hanno dato i natali alla nostra civiltà, dunque non agitate di fronte agli eredi del genio il vessillo della Rivoluzione, che poi magari lo innalzano.
il Testo uscito ieri dall’Eurogruppo