ONU, diplomazia in Libia
No all’opzione militare per frenare la minaccia dell’ISIS in Libia. Lo ha stabilito ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ONU durante il vertice, voluto da Francia ed Egitto, nel quale sono state vagliate le possibili soluzioni all’avanzata dello Stato Islamico in Nordafrica. L’IS è riuscito a infiltrarsi approfittando dell’instabilità in cui versa il Paese, motivo per cui l’ONU ha preferito insistere su un sentiero diplomatico che incoraggi il confronto politico tra le diverse fazioni libiche e che aiuti a rafforzare un governo di unità nazionale.
La richiesta dell’Egitto di agire con la forza è avvenuta in seguito della decapitazione di 21 cristiano-copti da parte dello Stato Islamico; il Paese, dapprima impegnato con bombardamenti aerei in Libia, ha ora intrapreso anche delle incursioni di terra, e avrebbe auspicato una coalizione internazionale simile a quella dispiegata in Siria e in Iraq.
Tuttavia la comunità internazionale sembra risolta a perseguire la strada del dialogo politico. Il premier Renzi, che ha recentemente ascoltato in colloquio telefonico il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, si è detto sfavorevole all’intervento delle truppe sul terreno: «La vicenda è problematica, la seguiamo con grande preoccupazione e attenzione, ma non si passi dall’indifferenza totale all’isteria e a una reazione irragionevole»; il ministro degli Esteri Gentiloni, oggetto, peraltro, di minacce da parte dei gruppi fondamentalisti, che lo hanno definito «ministro dell’Italia crociata», ha sconfessato lo scenario militare e invocato ulteriori sforzi diplomatici.
Il Rappresentante Permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite Sebastiano Cardi, da parte sua, ha rinnovato l’impegno dell’Italia «a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, a lavorare all’addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture»; e Bernardino Leon, Rappresentante Speciale per la Libia, collegato in videoconferenza da Tripoli, ha parlato di «divergenze non insormontabili» tra le parti libiche.
Durante il vertice, si è inoltre sottolineata l’opportunità di un rafforzamento dell’Esercito Nazionale Libico, di un maggiore controllo dei confini e della sospensione all’embargo di armi nei confronti del governo di Tobruk, interlocutore riconosciuto dalla comunità internazionale. Mohamed Elhadi Dayri, ministro degli Esteri in Libia, è stato particolarmente caustico nell’affermare la gratitudine del proprio Paese all’Egitto «in assenza di un sostegno internazionale»; Sameh Shoukry, suo omologo egiziano, ha ribadito come le espressioni di cordoglio e solidarietà non siano più sufficienti, e rimproverato i convitati di aver fallito nel preservare la sicurezza della Libia e dei Paesi vicini. Una soluzione politica, per Shoukry, potrebbe andare di pari passo con un confronto armato. Tuttavia gli intenti internazionali, ad oggi, sembrano volti essenzialmente alla revoca dell’embargo e alla formazione di un governo nazionale stabile, premessa imprescindibile nella lotta al terrorismo.
Twitter: claudia_pulchra