Le donne nella Turchia di Erdogan? Mogli e madri

In casa a far figli. Per il governo turco non ci sono dubbi su quale debba essere la condizione delle donne. L’aveva spiegato con lapalissiana chiarezza il presidente Erdogan in novembre, affermando: «La nostra religione ha definito una posizione per le donne: la maternità. […] L’uguaglianza trasforma la vittima in carnefice e viceversa». Allontanare le donne dalla vita sociale ed economica relegandole nello spazio domestico, però, negli ultimi mesi sembra essere diventato un obiettivo sempre più importante per il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo e si sono moltiplicati gli incentivi, e le promesse, per chi decide di mettere su famiglia.

Solo un anno fa era stato lo stesso Erdogan a rivolgere alle giovani ragazze uno spassionato consiglio paterno: «Non rimandate il matrimonio, decidete presto, sposatevi mentre studiate o subito dopo la laurea, nel momento in cui trovate il vostro destino. Non siate troppo selettive. Se lo siete, non ce la farete». Le esortazioni, però, non devono essere bastate, e alle parole sono seguiti i fatti. Il Ministero della Famiglia e delle politiche sociali ha annunciato un sussidio di circa 4.000 dollari alle coppie che decideranno di sposarsi in giovane età. Un bel gruzzolo per iniziare una vita insieme, cui negli ultimi mesi si sono aggiunti altri incentivi economicamente allettanti. A convincere gli studenti universitari ci ha pensato il Ministero della Gioventù e dello Sport, annunciando che i debiti contratti per pagarsi gli studi saranno cancellati per chi convolerà a nozze. E, come se non bastasse il risparmio, queste coppie verranno esonerate anche dalle spese per l’alloggio. Sono oltre tremila i ragazzi che, secondo i primi dati, hanno già deciso di approfittare di questa redditizia opportunità. Per loro, però, le sorprese non sono finite. Il ministro Davatoglu, infatti, ha in serbo un altro «regalo»: un conto per acquistare la prima casa, cui il governo aggiungerà il 15% dopo cinque anni se resterà intoccato.

Turkish Prime Minister Tayyip Erdogan and his wife Emine Erdogan pose with Syrian refugee triplet babies near Akcakale border crossing on the Turkish-Syrian border, southern SanlLa moneta sonante, però, non spetterà solo a chi deciderà di accasarsi, ma anche a chi si dimostrerà più prolifico. «Ogni madre, dopo il parto, riceverà 300 lire turche [$ 120] come dono da parte dello Stato, che equivale a metà  una moneta d’oro. Questo regalo sarà aumentato a 400 lire [$ 160] per il secondo figlio e 600 lire [$ 240 ] per il terzo». Un bonus bebé decisamente sostanzioso, che mira non solo a confinare le donne nel loro ruolo di madri, ma anche a rilanciare la crescita della popolazione. Del resto, già nel 2008 Erdogan aveva individuato nella crisi della natalità uno dei problemi della Turchia. «Dobbiamo fare più figli», aveva detto, «almeno tre a famiglia». L’obiettivo è quanto mai ambizioso: raddoppiare la popolazione del Paese entro il 2023, per trasformarlo in una delle prime dieci potenze economiche mondiali nel centesimo anno dalla fondazione della Repubblica. Nonostante le aspettative e i proclami, però, negli ultimi sei anni il tasso di fertilità in Turchia è sceso di più del 2% e l’età media della popolazione è conseguentemente aumentata, superando per la prima volta la soglia dei 30 anni. Nel 2013, quindi, il Presidente ha rivisto la stima al rialzo: «Abbiamo bisogno di almeno quattro o cinque figli a famiglia, perché il Paese deve crescere».

A un primo sguardo, le promesse dell’AKP potrebbero sembrare semplici incentivi pensati per aiutare i giovani Turchi a sistemarsi. In realtà, denunciano le associazioni per la tutela delle donne, nascondono – e nemmeno troppo – la volontà di escludere le donne dalla sfera pubblica e frenarne l’emancipazione. Un obiettivo che appare quanto mai chiaro in uno degli ultimi provvedimenti varati dal governo, secondo cui le imprese dovranno pagare stipendi full-time anche alle madri che lavoreranno solo quattro ore al giorno per potersi occupare dei figli. Una misura il cui effetto, piuttosto che aiutare le donne già occupate, disincentiverà l’assunzione femminile, aggravando la situazione esistente. La legge, infatti, andrà ad aggiungersi a quella già in vigore, che obbliga le aziende che assumono più di centocinquanta donne a fornire assistenza anche ai bambini nei primi mesi di vita, con un aumento del costo del lavoro femminile e un abbassamento del tasso di occupazione, già oggi fermo al 26%.

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