Lina Khattab e gli altri: i bambini nelle carceri militari di Israele
«Non ho più speranze che sarà rilasciata. Non ho più speranze». Aspettano al freddo, circondati dalle sbarre e dai soldati mentre le udienze si susseguono una dopo l’altra finché, davanti al giudice, non arriverà la loro figlia. I genitori di Lina Khattab hanno vissuto questa scena troppe volte e nella sua scarcerazione, ormai, non credono più.
Lina ha solo diciotto anni. Studia giornalismo all’Università Bir Zeit, non è una criminale, né una terrorista, ma dal 13 dicembre è rinchiusa nella prigione israeliana di Hasharon. Per sette volte si è presentata di fronte al Tribunale Militare che deve decidere per la sua libertà e per sette volte l’udienza è stata posticipata senza che venissero formalizzate le accuse. Lina ha solo diciotto anni, e da due mesi è in carcere senza un perché. È stata arrestata durante una manifestazione studentesca a sostegno dei prigionieri politici palestinesi detenuti nella prigione di Ofer perché sospettata di aver «lanciato pietre» e aver partecipato a una manifestazione non autorizzata, un’accusa arbitraria utilizzata spesso dalle corti militari israeliane per colpire i palestinesi che protestano per ottenere i propri diritti. In carcere, ha fatto sapere il suo avvocato, è stata maltrattata dai soldati di guardia, uno dei quali l’ha picchiata e umiliata, gridandole oscenità dopo averle strappato i vestiti. A lei, pericolosa studentessa e ballerina nel gruppo folcloristico palestinese al-Funoun, la cauzione è stata negata, così come gli arresti domiciliari: guardandola, ha detto il giudice, ha visto «le caratteristiche di un leader». Il 16 febbraio affronterà di nuovo il lungo viaggio in autobus dalla prigione di Hasharon a quella di Ofer, e sarà di nuovo davanti al tribunale militare.
Lina, però, non è l’unica adolescente a essere stata imprigionata con l’accusa di aver lanciato pietre: il 31 dicembre a finire nelle mani dei soldati è stata una ragazza di Ramallah di appena quattordici anni. Anche per lei, sono dovuti passare più di venti giorni perché il tribunale militare formalizzasse le accuse: lancio di pietre, blocco stradale e possesso di un coltello, per un totale di due mesi di carcere e oltre millecinquecento dollari di multa. Niente in confronto a quello che prevedrebbe la legge approvata all’inizio di novembre dal Consiglio dei Ministri israeliano, per cui le pene per i condannati per lancio pietre o altri oggetti contro i soldati israeliani o i loro veicoli possono arrivare fino a venti anni. Secondo il Child International Network (CRIN), sono circa settecento i bambini palestinesi arrestati ogni anno e maltrattati dalle forze di occupazione israeliane. «Durante il 2014, una media di 197 bambini sono stati in regime di detenzione militare ogni mese, il 13% dei quali sotto i sedici anni», si legge nel primo rapporto del 2015 del CRIN.
«I bambini arrestati sono comunemente presi in custodia da soldati armati fino ai denti, vengono bendati e gli vengono legati i polsi dietro la schiena prima di essere trasportati ad un centro di interrogatori […] e riportano frequentemente di aver subito abusi verbali e fisici durante l’arresto», continua il rapporto, che cita una ricerca condotta da Defense for Children International in Palestina, secondo cui circa il 56 per cento dei bambini dichiara di aver sperimentato tecniche di interrogatorio «coercitive» durante la custodia israeliana. Il 42 per cento dei bambini detenuti dice di essere stato costretto a firmare documenti in ebraico, nonostante il fatto che la maggior parte dei bambini palestinesi non parlano o comprendono la lingua, ma ciò che è più grave è che il 22 per cento riporti di essere stato sottoposto fino a ventiquattro ore di isolamento, in violazione degli standard internazionali. Nel 2013 l’UNICEF ha riferito che Israele era l’unico Paese al mondo in cui i bambini sono stati sistematicamente processati in tribunali militari colpevoli di pratiche «crudeli, inumane e degradanti». Secondo il rapporto, negli ultimi dieci anni le forze israeliane hanno arrestato, interrogato e processato in tutto 7.000 bambini – per lo più maschi – tra i 12 e 17 anni. Una media drammatica di due bambini ogni giorno.
@costipiccola