Sordità e scienza: intervista con il Prof. Filipo

Ogni recettore umano è stimolato ripetutamente a fronte di un rete sempre più estesa di impulsi, sia visivi che sonori. Per questo chi soffre di sordità, grave o lieve che sia, ricerca soluzioni e supporti sempre più efficienti.

Abbiamo chiesto al prof. Roberto Filipo, Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria a Roma presso il Dipartimento di Organi di Senso della Facoltà di Medicina e Odontoiatria della Sapienza Università di Roma, e Direttore UOC Otorinolaringoiatria “A” presso il Policlinico Umberto I della capitale, di definire l’attuale panorama scientifico, medico e, soprattutto, tecnologico che caratterizza le terapie per le situazioni di carenza d’udito.

Tra l’intervento farmacologico e il sussidio tecnologico verso quale intervento si orienta la scienza per ovviare ai problemi di sordità?

Al momento c’è una netta prevalenza del sussidio tecnologico, anche se sono sicuro che la farmacologia subirà un grande sviluppo nel futuro. La tecnologia protesica ha fatto passi da gigante, sia sul fronte della miniaturizzazioni che, ancora più determinante, sul versante del recupero dei cosiddetti residui uditivi con protesi acustiche che trasferiscono le frequenze danneggiate verso quelle dove permane un udito residuo.

L’impianto cocleare però è l’unico che permette una stimolazione adeguata sulle frequenze che vengono a mancare e che non permettono una corretta percezione dei suoni e delle parole. Oggi questi impianti hanno raggiunto forme esteticamente quasi perfette attraverso la ricerca della massima miniaturizzazione possibile, anche grazie alla possibilità di nascondere il ricevitore in zone del capo al di sopra dell’orecchio, grazie alla novità di un processore senza fili.

Un costante lavoro di perfezionamento del processamento del segnale d’ingresso, e i nuovi software che permettono di raccogliere un maggior numero d’informazioni sulle caratteristiche spettrali della parola emessa, rendono gli impianti uditivi utilizzabili in situazioni che prima non immaginavamo neanche.

Attualmente disponiamo di elettrodi sempre più sottili e quindi non traumatici per le cellule acustiche e processori in grado di offrire prestazioni quasi completamente assimilabili a quelle dell’orecchio umano. Il doppio sistema integrato che unisce la protesi acustica su un lato e l’impianto dall’altro migliora, sensibilmente la resa uditiva anche in ambienti particolarmente affollati e rumorosi, estendendo così le indicazioni anche ai casi nei quali vi siano perdite uditive di diversa entità nelle due orecchie.

Nel caso, comunque diffuso, delle sordità monolaterali, come si interviene oggi?

La sordità monolaterale ha come problematica principale non tanto la perdita quantitativa dell’udito ma il livello qualitativo della percezione, senza tralasciare il fatto che chi sente da un solo orecchio è costretto a fare movimenti strani e innaturali per rivolgere l’orecchio “sano” verso la fonte del suono.

Oggi l’impianto, nel caso di sordità monolaterale, ripristina efficientemente una bilateralità perché svolge una stimolazione diretta nel lato compromesso.

Sostituire un impianto spesso non è un’impresa alla portata di tutti. In Italia i pazienti possono contare su un’assistenza efficiente?

In Italia non esiste un’agenzia nazionale che detti linee guida e che sia in grado di fornire una valutazione di qualità e di rapporto costo-beneficio.

Oggi nel nostro Paese si realizzano tra i 900 ed i 1000 impianti l’anno, mentre ci sarebbe bisogno di almeno un terzo in più di interventi. In un mercato maturo come quello tedesco, ad esempio, si contano all’incirca 20, 25 impianti per milione di abitanti. In Italia siamo intorno a 15 impianti per milione di abitanti.

Molte forme di sordità, poi, non vengono trattate proprio, talvolta la sordità viene considerata parte del processo di invecchiamento. Oggi non può essere più così, perché lo stile di vita dell’anziano è cambiato non gli si può negare la possibilità di comunicare e quindi anche una maggiore integrazione sociale.