Pais a Roma, dietro le quinte della Dolce Vita
“Dicono che Totò fosse principe. Una sera che eravamo a cena insieme diede una mancia di ventimila lire a un cameriere. Di solito i principi non danno simili mance, sono molto taccagni. Se Totò era principe, era dunque un principe molto strano.”È così che Pier Paolo Pasolini descrive Antonio di Curtis, in arte Totò, in un appunto del 1973, attingendo alla fascinosa storia della sua nobiltà, che per anni ne ha stuzzicato l’ immagine pubblica. Di Monica Vitti, invece, Claudia Cardinale diceva che fosse una grande amica, tanto piacevole nei pomeriggi di chiacchiere e confidenze, quanto insopportabile sul set. Luchino Visconti e Federico Fellini si odiarono cordialmente per trent’anni, arrivando a soffiarsi l’ un l altro attori, musicisti, truccatori. Mastroianni invidiava a morte Sergio Raimondi, la Lollobrigida era gelosa della Loren. Vittorio De Sica? Un dilapidatore di fortune al casinò: finì per giocarsi pure i soldi del figlio. Pettegolezzi, clichè, leggendarie rivalità montate ad arte da uffici stampa. Dal Premio Oscar ad 8½ (1964) alla Palma d’oro ad Antonioni per Blow Up (1967), gli anni Sessanta, età d’oro del cinema italiano, portano con sé il velo affascinante dei rumors sulla Dolce Vita, spiata da paparazzi e fotografi tra le nuvole di fumo nei prestigiosi caffè di Via Veneto, sotto gli occhi incantati del pubblico italiano e mondiale, che imparava in quegli anni a lasciarsi ammaliare dalla curiosità del “dietro le quinte”. Chi non mancava mai nel backstage era Rodrigo Pais, fotoreporter per l’Unità, 30 anni di carriera e circa 480 mila scatti collezionati sui set dei film italiani più prestigiosi, oggi al centro di una ricchissima personale nel Museo di Roma in Trastevere. Pais c’ era mentre Fellini sistemava il cappello ad uno dei suoi clown (I Clowns, nastro d’argento nel 1970) ed era l’occhio che “sbirciava” nel camerino una giovanissima Monica Vitti, colta ad incipriarsi il viso con acerbe, innate movenze da diva, in attesa del ciak de L’ Eclisse, capitolo conclusivo di una trilogia che la porterà per la prima volta a Cannes, nel 1961. Suo è lo scatto che immortala un curioso siparietto tra la Loren e Mastroianni, alle prese con la registrazione di Matrimonio all’ Italiana nella Napoli popolare del 1964. Gioiello dell’esposizione, la dice lunga sul rapporto curioso tra i due: lei, lavoratrice severa, era sempre pronta a rimproverare bonariamente il collega, capriccioso e pigro, bontempone che si innamorava come un bambino di tutte le donne sul set. Almeno stando alle parole di Enzo Biagi. Non gossip fine a se stesso, nè eccessiva commozione, Pais del Cinema, visitabile nel chiostro del museo Trasteverino fino all’ 8 marzo prossimo, vuole essere uno sguardo ancora estasiato ad un passato mitico che tuttora riesce a regalare qualcosa di inedito, e a farsi invidiare.