Speciale4Domande: intervista a Massimiliano Smeriglio di Sinistra Ecologia e Libertà
In vista delle imminenti elezioni abbiamo intervistato Massimiliano Smeriglio, candidato alla Camera (Lazio 1) per Sinistra Ecologia e Libertà. È coordinatore nazionale e responsabile economia di Sel ed è stato assessore al lavoro e alla formazione nella Provincia di Roma fino al 2012. Insegna a Roma Tre e scrive romanzi.
D: In Italia solo 1 deputato su 5 è donna, 2 donne su 5 lasciano il lavoro per la gravidanza, la violenza dei partner è la prima causa di morte per le donne tra i 15 e i 44 anni: c’è speranza che la prossima legislatura ci traghetti una volta per tutte fuori dal medioevo?
M. S.: Noi abbiamo fatto già delle scelte molto nette sulla parità di genere anche nella rappresentanza parlamentare, perché le modalità con cui abbiamo svolto le primarie, a doppia graduatoria uomini-donne, ha determinato il fatto che il 50% della nostra rappresentanza saranno donne e questo è un fatto unico nel panorama politico italiano, ancor di più perché ci sarà una nutrita rappresentanza di donne sotto i 40 anni. E poi abbiamo detto cose molto chiare, penso all’impegno di alcune delle nostre candidate come Maria Luisa Boccia, che è una femminista storica, e Celeste Costantino che è una giovane attivista del movimento femminista. Quindi l’impegno per una legge sul femminicidio e sulle violenze domestiche sarà sicuramente al centro dell’azione di Sinistra Ecologia e Libertà
D: Entro il 2050, la Germania produrrà il 100% della sua energia con le rinnovabili, in molte nazioni europee si stanno sperimentando mezzi di trasporto pubblici a idrogeno, in Spagna si trova una delle più grandi centrali fotovoltaiche al mondo. Verranno fatti anche in Italia dei piani in questa direzione o si tornerà a parlare di nucleare proprio quando paesi come la già citata Germania e il Giappone – tanto per dirne due – se ne stanno sbarazzando?
M. S.: Intanto non si può tornare a parlare di nucleare perché c’è stato un referendum che ha messo per l’ennesima volta la parola fine a questa sciagurata questione nel nostro paese. C’è un ritardo culturale gigantesco, anche del sistema industriale, che va recuperato. Ci sono delle esperienze di governo territoriale in cui invece si è fatto molto bene, ad esempio con la nostra esperienza di governo della provincia di Roma abbiamo ricoperto circa 400 scuole con pannelli fotovoltaici. L’idea della necessità di sfruttare fonti di energie rinnovabili, quindi lontane non solo dal nucleare ma anche dal carbone e da tutte le fonti inquinanti, è al centro della nostra impostazione. Questo impianto riguarda la sostenibilità, la tutela e la cura del nostro paesaggio ma anche un progetto industriale per il paese fondato sulla conversione ecologica, sulle produzioni non energivore, sulle produzioni che non fanno danni al nostro ecosistema. E quindi certamente il fotovoltaico, certamente l’eolico di nuova generazione, che non determina neanche lo sconquasso del paesaggio perché l’eolico di nuova generazione prevede pale di altre dimensioni; e poi penso allo sfruttamento delle maree, penso alle biomasse quando sono collegate al ciclo della raccolta dei materiali naturali e non all’importazione di legni dall’Africa o dall’Asia. Si tratta di un impianto che è legato alla cultura ecologista ma è legato anche a un’idea di nuova economia e noi siamo convinti, come tanti paesi del mondo, dagli Stati Uniti alla Germania, che tutto questo è possibile ed è anzi necessario per dare futuro al nostro paese.
D: Si parla spesso di fuga dei cervelli, forse meno del fatto che questa riguarda anche i giovani giornalisti che rifiutano una vita di precariato. Se nel resto d’Europa la professione del giornalismo non è un sogno legato al nepotismo, in Italia le porte dell’impiego stabile sono sbarrate per gli aspiranti giornalisti e la prospettiva è una vita di precariato, senza una sicurezza economica, né il diritto alla malattia, né il diritto a un futuro pensionistico. Quanto bisogna aspettare prima che anche l’Italia riconosca gli stessi diritti degli altri paesi europei?
M. S.: Intanto c’è un tema più generale. La riforma del lavoro fatta dalla Fornero non risolve nessuno dei problemi che hai posto, anzi li amplifica: la condizione di precarietà è generalizzata, è una condizione immanente, cioè permanente, non legata all’antica idea della gavetta, è una condizione senza futuro di un presente che rimane tale e quale nel corso degli anni. Quindi bisogna innanzitutto rimettere mano alla riforma del lavoro e costruire nuove tutele e nuovi diritti. Nello specifico nel giornalismo c’è anche un tema di rimozione di tutele feudali, perché se è vero che la gran parte dei giornalisti under 40 vive la condizione che tu descrivevi è vero altrettanto che c’è una casta di giornalisti anziani ben protetta da un’istituzione medievale che è quella dell’Ordine dei giornalisti, che secondo me andrebbe spazzata via. E quindi qui sì, maggiori liberalizzazioni all’ingresso alla professione, maggiori tutele ma che hanno a che vedere non con la professione specifica ma con l’idea della contrattualizzazione e del ritorno di forme di lavoro più dignitose, perché quelle che abbiamo conosciuto in questi anni rasentano la semi-schiavitù. Io penso che i nostri giovani debbano essere cittadini del mondo quindi il problema non è tanto andare all’estero, il problema è andare e tornare, dobbiamo costruire le condizioni anche per il ritorno, perché quando perdi un talento hai perso un pezzo di benessere e di economia del paese. È necessario un ritorno a un sistema di tutele contrattuali, non c’è un altro modo. I contratti precari dovrebbero costare di più, molto di più di un contratto a tempo indeterminato, e dovrebbero essere utilizzati solo per alcuni segmenti cronologici di una professione, cioè possono essere utili in ingresso o per un libero professionista ma siamo arrivati allo stravolgimento di queste norme, quindi è necessario rimettere mano alle politiche del mercato del lavoro.
D: In un tempo in cui la spending review non ha risparmiato nulla, come mai i deputati italiani continuano ad avere un’indennità parlamentare che è il 35% più alta dei deputati francesi e il 45% più alta di quelli spagnoli?
M. S.: Perché su questo tema c’è la pessima politica. A me è capitato di fare il deputato tra il 2006 e il 2008 e ho partecipato alla firma di una legge che dimezzava lo stipendio dei parlamentari, ma è stata una delle tante iniziative andate a vuoto. Quando vediamo un politico che parla di questa roba non è credibile, perché anche chi è parte di questa vicenda da trent’anni dice che bisogna tagliare i costi della politica, ma non l’ha mai fatto. Il problema è che un minuto dopo la nascita del nuovo parlamento ci dovrebbe essere un’iniziativa legislativa che prenda per le corna il problema e dia una soluzione. Ma il ritardo già maturato ha dato spinta al rancore a tutto quello che si muove intorno al Movimento 5 stelle.
di Francesca De Leonardis