Il capolinea di un sogno
Aspetto psicologico, delusione, spirito sportivo e senso di giustizia. Ecco quali sono i quattro ingredienti che girano intorno alla vicenda di una settimana fa. Non la festa degli innamorati, non San Valentino, bensì
l’atto omicida di Oscar Pistorius nei confronti della sua fidanzata.
“Non ho voluto ucciderla, lo affermo nella maniera più categorica possibile”. Questa è l’affermazione che da giorni, in lacrime, l’ex corridore continua a fare. Su come siano andate le cose sono state scritte e dette tante parole e fatte mille ipotesi. Oltre allo sgomento e la tristezza per una giovane vita spezzata con assoluta e cieca violenza, il sentimento più forte legato agli aspetti prettamente sportivi della vicenda è la delusione. Nel lontano 2007 la sua storia aveva affascinato tutti quanti, sportivi e non. Tutti hanno iniziato a sostenerlo, a combattere insieme a lui per i diritti che doveva avere nella gare, a festeggiare a ogni suo trionfo, a appoggiare le sue scelte e le sue gare. Così è diventato quell‘esempio da seguire, quell’atleta dalla lame così veloci che ogni bambino voleva imitare.
E cosa gli si racconta, a oggi, a quegli stessi bambini che sentono che il loro “idolo” ha ucciso la sua ragazza e in un modo anche piuttosto violento? Inoltre, come se non bastasse, a infangare il mondo dell’atletica e tutto il mondo sportivo paralimpico si è aggiunta la solita problematica: l’uso di sostanze. Gli steroidi trovati nella villa sono farmaci illegali e pericolosi che possono incidere sull’aggressività di chi ne fa uso. Il campione sudafricano sarà, per questo motivo, sottoposto di nuovo ad analisi del sangue per verificare la presenza delle sostanze e anche per confermare il sospetto che prima dell’omicidio avesse bevuto pesantemente. In tribunale, poi, gli investigatori tengono a precisare che in camera da letto sono stati rinvenuti testosterone e siringhe. La difesa dell’atleta ribatte subito rispondendo che le sostanze trovate nella camera da letto di Pistorius non sarebbero steroidi, ma rimedi fitoterapici. Tra un mistero e un altro rimane il fatto che, anche lui, era entrato nell’ennesimo circolo vizioso di ogni atleta: il doping.
Dove sarà la verità? Le sue saranno lacrime di coccodrillo, amare, o vere? Quello che di certo c’è è che nessuno saprà mai cosa passa nella testa di una persona che, fin da piccolo aveva un sogno nel cassetto, che ha lottato per arrivarci e che, in un attimo, lo ha distrutto con le sue stesse mani. Se da una parte si cerca di capirlo, non di condividere il suo pensiero, semplicemente capire il gesto e capire lui, dall’altra prevale il senso di giustizia. Quella giustizia che i genitori della ragazza vogliono e cercano, quella giustizia che troppe volte manca nel nostro paese e che raramente arriva. Una giustizia che condanni un atleta che, ora che aveva tutto, ha rovinato la sua stessa carriera e la sua stessa vita. E, infine, una risposta psicologica forte, un segnale che faccia capire a quei bambini e a chi lo seguiva che anche i “migliori” atleti non sono perfetti, che forse la cosa più giusta da fare è essere se stessi piuttosto che avere un esempio come lui. Ora Oscar Pistorius rischia l’ergastolo.
Come se non bastasse, il colpo di scena della giornata arriva dallo stesso poliziotto che lo accusa più di ogni altra persona, Hilton Botha. E’ lui il primo che a maggio dovrà presentarsi in un aula di tribunale perché accusato, tre anni fa, di non un ma ben sette tentativi di omicidio sparando contro un taxi solo per fermarlo. Il taxi aveva all’interno sette persone. Quale sarà, allora, il destino di Oscar? Quel ragazzo cresciuto toccando e baciando i piedi della sua sorellina che trovava fantastici, quella parte del corpo a lui estranea, la sua parte mancante, quella mancanza che lo ha condannato a una vita di sofferenze e gioie, le stesse che, forse, lo hanno spinto a commettere un omicidio e a lasciare un grande vuoto nel mondo dello sport.