Il gran rifiuto di Bendetto XVI

Una notizia di quelle che fanno pensare subito a una bufala, a uno scherzo da buontemponi: il papa si dimette. Eppure è proprio vero. Papa Benedetto XVI ha annunciato personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto: “Le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”, e pertanto ha reso nota la sua volontà di dimettersi dal 28 febbraio 2013, con la seguente necessità di convocare un conclave per l’elezione di un nuovo pontefice.

Benedetto XVI ha detto di aver preso la decisione per il bene della Chiesa e di averla ponderata a lungo, anche se il decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, ha commentato che si tratta di “un fulmine a ciel sereno”. Accolta trasversalmente la decisione come gesto di coraggio dettato dalla consapevolezza delle proprie condizioni si aprono i legittimi dubbi e le scommesse sui retroscena. Perché un papa che viene eletto a quasi ottant’anni sa bene di non avere esattamente le energie di un giovincello e che la situazione non sarebbe di certo migliorata.

Se è vero che aveva preso da tempo questa decisione perché avrebbe aperto un apposito account Twitter solo due mesi fa? Che tutte le offese, le battute maliziose e gli interrogativi impertinenti di #faiunadomandaalpapa l’abbiano turbato più del previsto?

E se c’entrasse lo Ior? Una banca, quella del papa, da sempre accompagnata da ombre e da fascicoli. Sono pesantissimi da sostenere gli attuali sospetti di un coinvolgimento nella compravendita della Banca Antonveneta da parte del Monte dei paschi di Siena. La Procura di Roma sta indagando sull’esistenza di conti correnti aperti presso lo Ior e riservati ai vertici di Mps. L’ex presidente della banca vaticana Ettore Gotti Tedeschi è indagato dal settembre 2010 per una movimentazione di 23 milioni di euro (destinati a Jp Morgan Frankfurt e a Banca del Fucino) considerata sospetta. Qual è il ruolo giocato da Gotti Tedeschi, se un ruolo c’è? E da papa Ratzinger? Che il licenziamento dell’uno abbia qualcosa a che vedere con le dimissioni dell’altro? È in questa fessura che si incuneano questioni misteriose e l’onnipresente figura del cardinal Bertone, a capo del direttorio che deve nominare il nuovo presidente della banca.

Bertone negli anni ha cercato di ribadire l’autonomia del suo potere e delle sue decisioni e in una lettera a un Bagnasco neoeletto presidente della CEI rivendicava espressamente per se stesso il ruolo di guida della Chiesa italiana per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche. Questioni in cui forse nemmeno il papa doveva ficcare troppo il naso.

Storicamente di pontefici dimissionari ce ne sono stati davvero pochi, e mai per motivi futili. Tutti ricordiamo la storia di Celestino V, colui che fece per viltade il gran rifiuto, come lo apostrofa Dante nella Commedia. Egli non resse le pressioni e si lasciò persuadere a mollare la presa e lasciare il posto a Bonifacio VIII. Chi è in questa storia Bonifacio VIII? Nei prossimi giorni avremo forse qualche tassello in più per ricostruire il mosaico.

di Francesca De Leonardis

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