La protesta americana contro il Presidente messicano Peña Nieto

Una parte dell’America si scopre improvvisamente antiamericana e invade piazze e strade per manifestare contro la visita del Presidente messicano Enrique Peña Nieto, avvenuta dal 5 al 6 gennaio.

Sono state oltre 20 le città degli Stati Uniti nelle quali abitanti e associazioni sono scesi in strada aderendo alla giornata di protesta contro Nieto, organizzando manifestazioni e numerosi sit-in intorno ai consolati. La protesta si è naturalmente amplificata in rete, aggiungendosi alle tante iniziative che, da mesi, fioriscono in solidarietà ai 43 studenti scomparsi e massacrati a fine settembre in Messico, nello Stato di Iguala.

Perché ancora tanta è la luce da fare sulla vicenda di Iguala, su chi ha delle responsabilità al riguardo, affinché si raggiungano verità e certezze (ad oggi sono riusciti a essere identificati i resti di uno solo dei ragazzi di Ayotzinapa). Dunque migliaia di persone sostengono il vento di protesta che soffia dal Messico, facendo pressioni sugli organi rappresentativi americani perché sospendano l’invio di armi e terminino così di sostenere uno Stato che, se non è complice, quanto meno è silente osservatore di quello che gli accade intorno.

In occasione della visita del Presidente Peña Nieto, gli attivisti messicani residenti negli Stati Uniti hanno inviato al Congresso due petizioni, che chiedevano a Obama di affrontare la questione dei diritti umani senza tanti giri di parole: «Consideriamo molto preoccupante che si continui a sostenere, con i soldi delle nostre tasse, un governo che viola i diritti umani e che non rende conto alla popolazione», hanno scritto appellandosi all’emendamento Leahy, che proibisce l’invio di fondi a forze straniere che calpestano i diritti umani.

E tra le altre anche l’organizzazione Human Rights Watch ha appoggiato la protesta e le lettere rivolgendosi alle senatrici democratiche della California, Barbara Boxer e Dianne Feinstein, per chiedere la sospensione degli aiuti militari allo Stato messicano. Inoltre la suddetta ONG ha fatto pressioni perché il dibattito diventi vero e ci sia un’udienza pubblica in Senato, e ha segnalato le cifre tremende degli omicidi avvenuti in Messico nel periodo recente: «Nei due anni di amministrazione di Enrique Peña Nieto, secondo i dati ufficiali, oltre 40.000 messicani sono stati assassinati e circa 10.000 risultano scomparsi, inclusi i 43 giovani studenti normalistas di Ayotzinapa».

Tuttavia, ogni qual volta il Messico ha tentato di alzare la testa, la repressione, in certi casi sostenuta dagli USA, è stata sempre violenta.

Oggi il vento sembra più impetuoso, e speriamo che diventi inarrestabile.

@aurelio_lentini

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