Il dramma di Eszter e l’eredità di Sándor Márai
Fino al 24 febbraio va in scena presso il Teatro Stanze Segrete L’eredità di Eszter, dramma tratto dal romanzo dello scrittore ungherese Sándor Márai.
Eszter (Claudia Balboni) è una non più giovane donna che si trascina a stento nel ricordo di vecchie passioni. Il disegno artistico e la fioca luce di una candela sono le uniche certezze di una vita di rimpianti, in cui nostalgia e rassegnazione scandiscono il passare dei giorni.
Inutili i tentativi del fratello Laci (Nicola D’Eramo) di spronarla a guardare oltre e tornare a vivere: l’idea di aver buttato gli anni migliori dietro un amore non corrisposto spegne ogni flebile scintilla di riscatto. Lajos (Martino Duane), unico amore della sua vita, si è rivelato negli anni un uomo arrivista e presuntuoso, capace di portarle via ogni cosa con il pretesto di costruire un futuro insieme. A sorpresa sposò Vilma, sorella di Eszter, la quale morì prematuramente dopo aver dato alla luce Eva (Elisa Pavolini). Ricominciare una vita insieme nonostante il torto subìto era possibile, ed Eszter tornò a custodire gelosamente quel sogno d’amore, simbolicamente racchiuso in un anello donatole dall’uomo. Quel pegno d’amore si rivelerà essere un falso, così come ogni solenne promessa fatta da Lajos… Che intanto bussa di nuovo alla porta.
L’eredità di Eszter diretto da Riccardo Cavallo, è una drammatica introspezione della debole natura umana, un’analisi del succube rapporto che lega gli uomini tra loro mediante un’illogica matematica dei sentimenti. La rassegnata Eszter è lo stereotipo di donna debole, estremizzata al limite dell’inattività, in attesa di una sentenza inconsciamente autoinflitta. La scenografia essenziale (complice anche l’esiguità del teatro), debolmente illuminata da una luce color ambra, lascia ampio spazio alla libera interpretazione dei personaggi. Bravi nel caratterizzare a piccoli gesti una sceneggiatura cupa, degna di quel realismo di metà ottocento che vede in Anna Karenina di Tolstoj la massima rappresentazione letteraria. Una sconfitta dell’essere umano che si palesa nell’inadeguatezza esistenziale del personaggio femminile di turno. Incerte le interpretazioni dei “cattivi” di turno, così come da rivedere l’efficacia di alcuni dialoghi chiave.
Uno spettacolo che si lascia seguire fino alla fine, ma che potrebbe rimanere indigesto a coloro i quali cercano nel teatro una spensierata via di fuga dai drammi della vita reale.