Ebola: le prime dichiarazioni del medico italiano contagiato dal virus
“Non credo di essere un eroe ma so per certo di non essere un untore. Io sono solo un soldato che si è ferito nella lotta contro un nemico
spietato. Una delle cose più belle che ho letto in questi giorni è un articolo online che parla di solidarietà, di rispetto, di dignità. E non posso non
pensare ai miei colleghi di Emergency che, anche in questi giorni, sono in Sierra Leone cercando di fare sempre di più e sempre meglio per curare i malati di Ebola”. Queste le prime dichiarazioni pubbliche del medico italiano contagiato dal virus Ebola e ricoverato dallo scorso 24 Novembre all’ Ospedale Spallanzani di Roma, dove è stato eretto un cordone sanitario che ne ha protetto sino ad oggi l’identità, soprannominandolo “paziente zero”.
Nel messaggio pubblicato sulla pagina Facebook di Emergency, il medico catanese, primo italiano contagiato dall’ebola definisce quel virus
come “un mostro terribile e temibile”. Continua sottolineando: “Sono convinto che la sconfitta di questo mostro dipenda in larga misura dal fronte
che lo ostacola. Spero che questo fronte possa allargarsi e opporsi a Ebola in modo sempre più efficace”. Poi ricorda il viaggio all’interno di quella
barella speciale ad alto isolamento (Aircraft Transit Isolators), un vero e proprio contenitore ermetico che viene impiegato per il trasporto aereo di
persone colpite da patologie infettive contagiose. Si legge nel post: “Poi l’arrivo in Italia e il trasporto allo Spallanzani. Ricordo i primi giorni in
isolamento, i farmaci sperimentali, l’estremo malessere, la nausea, il vomito, l’irrequietezza”. Ma, anche durante quei momenti bui, il pensiero del
medico impegnato in Sierra Leone a sconfiggere questo mostro va “ai pazienti che avevo contribuito a curare. Stavo provando le stesse cose che loro avevano provato e cercavo di capire qualcosa di più di ciò che mi stava succedendo, cercavo di mantenere la mente lucida e distaccata per un’analisi scientifica. Ma il malessere era troppo ed era troppo difficile restare concentrato”. Poi, il momento in cui “la luce della coscienza grosso
modo si spegne”. Il medico racconta di aver saputo da terzi di essere stato in rianimazione e di aver firmato i consensi per i protocolli sperimentali:
“Non ho memoria di nulla, mi mancano due settimane, quelle del mio aggravamento, durante le quali mi sono in qualche modo battuto contro il mio nemico, e pare ora che sia riuscito a sconfiggerlo”.
Ad oggi si può quindi affermare che il cinquantenne sia fuori pericolo e che le sue condizioni vadano gradualmente migliorando, come si
evince dalle parole rassicuranti che compaiono in un altro stralcio della lettera: “Da qualche giorno sto meglio, lentamente ho ripreso in mano il
controllo del mio corpo, riesco a muovermi in autonomia; ho iniziato a leggere qualcosa di ciò che è stato pubblicato a proposito della mia vicenda; in larga misura parole di conforto, di sostegno e augurali ma anche parole che possono essere giustificate solo dall’ignoranza.”
Un primo messaggio quindi, quello reso pubblico dal medico di Emergency, che lascia ben sperare rispetto alla
possibilità di una celere dimissione ospedaliera e che evidenzia come la fase critica della malattia sembrerebbe superata. Il medico, infatti, già da alcuni giorni, non si trova più nel reparto di rianimazione ma è stato trasferito nel reparto di isolamento dove è in fase di convalescenza. Nei giorni scorsi ha ricevuto le telefonate del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che ha dichiarato di avere avuto una “cordiale” conversazione con il paziente. La speranza, come ha sottolineato lo stesso ministro, è che il medico italiano possa essere dimesso con l’arrivo del nuovo anno.