La Coca Cola vende meno: apre un impianto sulla striscia di Gaza
È ufficiale: la Coca Cola aprirà un impianto sulla Striscia di Gaza.
Del resto, la concorrenza non perdona e, se la Pepsi ha una fabbrica attiva in Palestina che, dal 1997, produce anche Pepsi Cola, la Coca Cola Company non vuole essere da meno.
La costruzione dell’impianto a Karmi è stata avviata lo scorso 22 dicembre: insomma l’industria che produce la bevanda non alcolica più famosa al mondo sembra essersi fatta da sola un regalo di Natale. Karmi è la zona industriale di Gaza e il permesso per il traposto dei materiali è stato concesso dal Coordinatore delle attività di governo dell’IDF nei Territori (COGAT). I materiali, provenienti dalla Giordania, sono stati introdotti attraverso il terminal Yizhak Rabin, passando il valico di Kerem. L’obiettivo è quello di divenire operativi verso la fine del 2015 con le bibite gasate e, nel 2016/17, aggiungere anche succhi e bibite non gasate.
Situazione politica tesa. Il direttore generale Emad al-Hindi ha dichiarato: «La costruzione della fabbrica è ultimata e speriamo di concludere tutte le fasi mancanti senza ostacoli».
In passato, i palestinesi hanno cercato di boicottare la Coca Cola Company a causa del suo sostegno finanziario a Israele. Si tratta dunque di un importante cambiamento, non solo a livello economico, ma anche di strategia politica: la fabbrica avvierà programmi sociali sul suolo della Striscia.
La situazione è ancora molto tesa: gli israeliani controllano ogni carico che entra a Gaza per paura che si tratti di possibili materiali di supporto ad Hamas. Niente di strano se si pensa che, quest’estate, a seguito del “Margine protettivo” sono morti 2200 palestinesi e 73 israeliani: secondo le Nazioni Unite, ad oggi, 100 mila palestinesi si trovano senza una casa agibile.
A seguito della conferenza del Cairo, erano stati promessi circa 5,4 miliardi di dollari da “donors internazionali” ma, ad oggi, né è stato reso usufruibile uno scarso 2%.
Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato che, se il Consiglio di Sicurezza respingerà risoluzione presentata dall’Anp per il ritiro israeliano dai Territori occupati, l’Autorità palestinese interromperà ogni cooperazione con Israele. Tutt’oggi si scontrano due posizioni: quella dell’Ue, favorevole al riconoscimento dello Stato di Palestina, e quello degli Usa, che sottopongono ogni decisione al veto dell’Onu.
Tagli e dislocamento. Nella fase iniziale, la fabbrica darà impiego a un numero tra le 150 e le 360 persone. E prevede un investimento di 20 milioni di dollari. Con il passare del tempo, il numero di occupati nella fabbrica crescerà, arrivando intorno alle mille persone. I responsabili sono gli imprenditori palestinesi Munib al-Masri e Zahi Khouri, quest’ultimo possiede già tre centri di stoccaggio della Coca Cola in Cisgiordania.
Allo stesso tempo, però, si vocifera che la Coca Cola ha intenzione di mettere in pratica dei tagli, che dovrebbero essere resi ufficiali il prossimo 15 gennaio, come conseguenza del calo del 14% degli utili trimestrali, reso noto a ottobre. Del resto, la crisi dei fast-food non può non coinvolgere la vendita delle bibite gassate. L’annullamento della consueta festa di Natale, dunque, non è un caso, ma una scelta ben precisa: addio a sfarzi e lusso. Sempre a ottobre, la Company ha stilato i progetti di bilancio per un risparmio di 3 miliardi di dollari entro il 2019.