Pedofilia: assolti dopo 17 anni

È un caso di pedofilia passato che ha avuto delle forti ripercussioni con le ultime sentenze. Tutto accadde il 12 novembre 1998, in piena notte e tra urla disperate, quando i quattro bambini di due coniugi modenesi erano stati portati via dalle forze dell’ordine. L’accusa che veniva rivolta ai due genitori, Lorena e Delfino Covezzi, era di far parte di una banda criminale di pedofili satanisti. Per sedici anni da quel giorno non hanno visto i loro figli (la più piccola aveva 3 anni, la più grande 11) cui nel frattempo è stato raccontato di quei due genitori orchi, responsabili di violenze inaudite, profanazioni, abusi su decine di bambini, si arrivò a parlare persino di decapitazioni delle piccole vittime. Ieri la sentenza: sono stati assolti per non aver commesso il fatto. Una sentenza che la donna  di 55 anni, ha accolto da sola perché suo marito nel frattempo è morto. Oltre ai coniugi, sono sei le persone coinvolte in questa triste e crudele storia che da 17 anni sconvolge i tranquilli paesini della Bassa modenese (un’altra delle mamme accusate si suicidò), e conta una ventina di bambini tolti all’epoca ai loro genitori.

Racconta Lorena in lacrime, «Il mio secondo pensiero è andato a mio marito. Il primo è andato ai nostri quattro figli, che ormai hanno dai 20 ai 27 anni e che non vogliono più nemmeno sentire nominare la loro mamma». È chiaramente un caso di falso abuso, che ovvio lascia soddisfatti al pensiero che dei bambini non siano stati abusati, ma lascia stupore e dolore nel cuore di coloro che hanno vissuto la vicenda. Negli anni disperati della separazione i bambini, allontanati a forza dai genitori, si convincono non solo della loro colpevolezza, ma soprattutto di essere stati abbandonati. E non perdonano. «Quando la maggiore ha compiuto i 18 anni, la zia paterna ha provato a parlarle, ma lei l’ha scacciata urlando che da 7 anni aspettava almeno una cartolina e che l’avevamo abbandonata», spiega Lorena. Innocenti, dunque. Ma i quattro figli Agnese, Enrico, Paolo e Valeria non lo sanno, non vogliono nemmeno saperlo, ormai cresciuti in famiglie affidatarie che si sono succedute al loro fianco. Ed è forse la prima volta che gli psicologi in qualche modo sbagliarono «Tutto iniziò nel 1997, quando la nostra nipotina, una bimba di 8 anni con forti disagi psichici e quindi già in carico ai servizi sociali, prese a raccontare di orchi e uccisioni. Non c’era altro che i suoi racconti, ma venne creduta e man mano la valanga si ingigantì». Il vero problema è il metodo utilizzato da psicologi e assistenti sociali, che interrogarono sempre più bambini con una tecnica americana oggi inconcepibile, allora ritenuta all’avanguardia: una suggestione progressiva del bimbo cui, a partire da sogni o da frammenti di colloqui, si suggerivano le risposte che da loro ci si aspettava.

Oggi con la Carta di Noto e il Protocollo di Venezia le cose sono cambiate, i periti vengono formati a raccogliere le testimonianze dei piccoli senza suggestionarli, filmando e registrando ogni colloquio. Nel caso della Bassa Modenese non ci sono video, e quelli che ci sono descrivono solo dei semplici dialoghi.

La piccola raccontava di bimbi decapitati e poi buttati nel fiume, così, anche se in paese nessun bambino mancava all’appello, fu dragato il fiume, senza alcun esito. Quindi non sempre questi racconti di pedofilia hanno riscontri reali, almeno non in tutti i casi.

La psicosi si diffuse, decine di bambini aggiunsero racconti a racconti, sempre interrogati col metodo “americano”, e 17 adulti finirono inquisiti, oltre a 7 preti poi risultati del tutto estranei. Sette persone morirono di crepacuore, ma la cosa più brutta fu che, nessuno di quei venti piccoli allontanati volle più rivedere i genitori. Ora l’ansia della madre Lorena, è quella di ritornare a far parte della sua famiglia ed essere accettata dai propri figli.

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