Russia, gli omofobi “liberi di fare del male” alle persone LGBT

Cittadini di seconda classe: così sono percepiti gay, lesbiche, bisex e transessuali nella Russia di Putun. A dirlo è Human Rights Watch, che testimonia l’aumento della violenza contro le persone LGBT dopo l’approvazione da parte della Duma della legge contro la «propaganda omosessuale» nel gennaio 2013. Un provvedimento che, secondo il gruppo per i diritti umani, ha esposto i cittadini LGBT a stigma, minacce e violenze quotidiane, senza che la polizia – che pure avrebbe i mezzi per difenderli – faccia nulla per impedirlo.

«La legge ha effettivamente legalizzato le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. La sua approvazione ha coinciso con un aumento della retorica omofobica nei media nazionali e con l’incremento della violenza omofobica nel Paese». Il report di HRW, “Violenza e molestie contro le persone LGBT e attivisti in Russia“, condensa in ottantacinque pagine più di novanta interviste condotte in sedici città e documenta una quotidianità fatta di violenza, discriminazione e paura. «Negli ultimi due anni, in tutta la Russia c’è stato un aumento degli attacchi individuali o da parte di gruppi di vigilanti nei confronti delle persone LGBT. C’è stato anche un aumento degli attacchi nei confronti degli attivisti LGBT, e i gruppi anti-gay hanno usato la legge del 2013 per giustificare la crescente campagna intimidatoria nei confronti negli insegnanti omosessuali e altri membri degli staff scolastici e accademici per spingerli a licenziarsi». Agli attacchi verbali – non si contano i casi in cui gli omosessuali sono stati aggrediti con un linguaggio osceno costellato di “pedofili”, “pervertiti”, “anormali” – si uniscono i casi di vera e propria violenza fisica, spesso perpetrata proprio dai “vigilantes” anti-LGBT, comparsi alla fine del 2012 e provenienti da gruppi nazionalisti radicati.

Se molti attivisti denunciano di essere stati attaccati durante manifestazioni a sostegno dei diritti LGBT, molti intervistati rivelano di essere stati assaliti da sconosciuti sui mezzi pubblici, per strada, nei locali e – in un caso – persino a un colloquio di lavoro. Centinaia di video delle aggressioni finiscono su internet, rendendo virale l’umiliazione. E la polizia non fa niente, nonostante abbia gli strumenti per combattere l’ondata di violenza omofobica, garantendo agli aggressori la «licenza di fare del male». Tranne qualche indagine isolata, infatti, le autorità hanno fatto poco o nulla per punire i responsabili: se da un lato questo atteggiamento è imputabile alle stesse forze dell’ordine, dall’altro dalla leadership del Paese non sono arrivate istruzioni perché il fenomeno venisse preso seriamente. Non solo le massime autorità russe non hanno denunciato la violenza montante, continua il report, ma in alcuni casi gli stessi pubblici ufficiali hanno tenuto discorsi esplicitamente omofobi. Un atteggiamento attendista, quindi, quando non complice, che «serve solo per perpetuare il ciclo di discriminazione, molestie e violenze» e che, soprattutto, «contravviene gli obblighi della Russia, in base al diritto nazionale e a molti trattati internazionali sui diritti umani, di proteggere tutte le persone, comprese quelle LGBT di ogni età, dalla violenza e la discriminazione».

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