La Corte Suprema Indiana ha detto no alle istanze presentate dai due marò Salvatore Latorre e Massimo Girone – accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala il 15 febbraio 2012 – che chiedevano l’attenuazione delle condizioni della libertà provvisoria.
Latorre – in Italia dal 13 settembre per curarsi dopo aver subito un ictus – aveva chiesto di poter prolungare di quattro mesi la sua permanenza oltre la naturale scadenza del 16 gennaio, ma il tribunale ha rifiutato. No secco anche per Massimo Girone, che aveva chiesto il permesso di poter rientrare in Italia per passare le feste in famiglia. A influenzare la decisione c’è senz’altro il precedente del marzo 2013 quando il governo ha comunicato alle autorità indiane che i due marò non avrebbero fatto ritorno in India dopo il permesso loro concesso per votare. Decisione per fortuna ritirata, ma che non ha fatto altro che inasprire i già difficili rapporti diplomatici tra i due paesi.
Alla base della decisione del tribunale, però, non ci sarebbe una volontà di punire i due militari italiani, bensì di applicare un criterio di uguaglianza. Secondo quanto riportato dalla stampa indiana, per la Corte Suprema richieste come quelle dei due fucilieri di marina non verrebbero contemplate in nessuna parte del mondo. «Allorché le indagini non si sono concluse e i capi d’accusa non sono stati presentati come posso io concedere l’autorizzazione agli imputati?[…] Se concedessi questo ai due richiedenti, dovrei farlo anche per tutti gli imputati indiani » ha spiegato il presidente della Corte H. L. Dattu, che ha concluso: «Anche le vittime hanno i loro diritti».