Dal 19 dicembre 2014 fino al 22 marzo 2015 le Grandi Aule delle Terme di Diocleziano ospiteranno la bella mostra su Mario Dondero. È un evento straordinario dove l’antico e il moderno si fondono in un unico abbraccio. Sembra di camminare sopra le grandi pagine di un libro dentro cui epoche storiche si intrecciano rapide dialogando tra loro. 250 scatti a colori e in bianco e nero ci restituiscono il modo semplice e puntuale di guardare le cose proprio di questo grande testimone della realtà pervaso fin dalla gioventù dal desiderio di viaggiare e conoscere le diverse culture. Sepolcri, raffinati mosaici, busti e colonne incorniciano questa straordinaria retrospettiva; giacché in questo maestoso complesso architettonico, oggi sede storica del Museo Nazionale Romano, eretto tra il 298 e il 306, un tempo centro di aggregazione e di fermento culturale poi divenuto luogo di preghiera e di culto in seguito alla costruzione nel suo interno per volere di Pio IV della basilica con certosa annessa dedicata alla Madonna degli angeli e alla memoria dei martiri cristiani.

Nato a Genova inizia a sognare presto la vita del marinaio ma la malattia che lo coglie poco prima dell’iscrizione all’Istituto Nautico lo dirotta sui banchi del Ginnasio “Berchet” a Milano. Inizia a lavorare come giornalista per “incappare” strada facendo nel fotogiornalismo trovando così il modo di andare oltre la parola. La sua esperienza adolescenziale nella guerra di Resistenza consolida la sua attitudine all’impegno civile corroborando la sua passione per la politica e per la storia. Nel 1954 si trasferisce a Parigi dove oltre all’incontro con molti intellettuali, grazie alla collaborazione con la giovane rivista “Jeune Afrique” avrà modo di conoscere in maniera profonda il continente africano. Come afferma in conferenza stampa la sua macchina non è lo strumento attraverso il quale rincorrere la foto artistica ma solo quello per rispondere alla sua vocazione di cronista capace di documentare «le variazioni che si producono in seno alla società». Attraverso un rigoroso esercizio scopre quanto l’egocentrismo possa essere d’ostacolo per un fotografo poiché «se l’obbiettivo è rivolto verso sé stesso non si vede nulla».
Se la realtà è il campo dove si dispiegano le innumerevoli scene da immortalare, una sola è stata la fonte d’ispirazione per l’autore: l’umanità del grande fotografo ebreo Robert Capa (Endre Ernö Friedmann il suo vero nome), audace nell’attraversare l’indicibile orrore del genocidio della Shoah come dotato di una grande pietas nel testimoniare le condizioni dei giovani prigionieri tedeschi nel ’45. Nella prima sezione come omaggio al suo maestro figura infatti lo scatto di Dondero alle colline di Cerro Muriano dove durante la guerra di Spagna Capa che era in trincea, sollevando il braccio e scattando senza guardare, colse un soldato in punto di morte lasciando ai posteri una delle immagini più emblematiche e commoventi.

Un vivida corrispondenza esiste fra tutte le foto in esposizione e la compostezza di questo uomo minuto dalla voce pacata quasi fosse un’involontaria ribellione alla comunicazione spesso urlata dello spettacolo. Dondero nella sua mite austerità dimostra di possedere quella pazienza necessaria che predispone al momento cruciale e rende idonei a fissarne per sempre il significato con la stessa semplicità di chi compie un gesto ordinario. Senza boria: come si rispondesse ad un silenzioso sollecito della realtà.

Dai ritratti di grandi artisti come quello di Gassman sorpreso con in mano un teschio nella luminosa disponibilità di un sorriso a quello di un Pasolini più intimo accanto alla propria amata madre fino ai grandi reportage nei diversi paesi comunisti o nella martoriata Kabul l’autore conferma l’impossibilità di osservare il mondo che ci circonda con occhio neutro; ogni foto è risultato di un misterioso processo emotivo intriso di stupore e indignazione. Tuttavia costante in Dondero è quell’inestinguibile sentimento di appartenenza al genere umano; ogni scatto dunque è una irripetibile opportunità di avvicinarsi al suo prossimo, un modo per tracciare un legame invisibile ed eterno con esso. Non è la rilevanza dell’accadimento a destare il suo interesse e la sua curiosità; che si trovi di fronte a grandi rivoluzioni o alla vita ordinaria degli abitanti dell’Europa finanche al ripetitivo lavoro degli operai nelle fabbrica lo stesso rimane invariata la sua condizione: quella di alimentare con il suo pellegrinaggio la memoria storica dei suoi simili.

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