Il risarcimento per mancata assunzione di un disabile
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 19609/14 ha stabilito che se il disabile avviato al lavoro non viene assunto dall’impresa destinataria, al lavoratore spetta un indennizzo risarcitorio che copre il periodo non lavorato ricompreso tra la data del provvedimento di avvio obbligatorio e la data di effettivo inserimento presso l’impresa.
Il caso di specie riguardava una società, che per l’appunto, non aveva assunto una lavoratrice disabile, destinataria quest’ultima di un provvedimento di avvio obbligatorio dell’attività lavorativa, e che pertanto veniva condannata al risarcimento del danno commisurato alle omesse retribuzioni relative al periodo in cui si era protratta l’inadempienza.
Nelle proprie conclusioni, la Suprema Corte richiama un proprio precedente, secondo cui da un provvedimento amministrativo di avviamento al lavoro discende, da un lato il diritto del lavoratore a quella determinata posizione lavorativa, dall’altro l’obbligo del datore di assumerlo. Nel caso in cui sussista un inadempimento datoriale, il lavoratore non potrà invocare una pronunzia di tipo costitutivo volta alla instaurazione in via coatta.
E proprio la sentenza in questione a tal proposito fa riferimento al principio, già presente in altre pronunce, secondo cui solo ed esclusivamente il lavoratore ed il datore di lavoro hanno la possibilità di specificare il contenuto del regolamento contrattuale.
Dunque, nell’ipotesi in cui non si proceda con l’assunzione, il Tribunale adito potrà tutt’al più emanare una sentenza di condanna al risarcimento del danno, quantificabile sulle retribuzioni perdute.
Inoltre si evidenzia che l’ammontare del danno potrà essere ridotto di un importo pari alle somme che il lavoratore abbia percepito per altre attività o che avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione.