Gioco d’azzardo: legge sì o legge no?

Ricordate il tanto discusso protocollo di intesa tra Mettiamoci in Gioco, campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo, e Sistema Gioco Italia, federazione di filiera dell’industria del gioco e dell’intrattenimento aderente a Confindustria? Beh, ha avuto vita breve e già a fine ottobre è stato stracciato. Cause e conseguenze?

La causa, come intuibile dallo stato dell’arte in cui ci si trovava subito dopo il famigerato protocollo, è stata l’ondata di polemiche scatenatasi dal 15 ottobre scorso (data di firma del protocollo) e sollevata dalle stesse quaranta organizzazioni che aderiscono alla campagna Mettiamoci in Gioco. Sì, perché la questione, piuttosto contraddittoria, era che associazioni come Libera, unita a Mettiamoci in Gioco, risultava firmataria dell’accordo ma, subito dopo, attraverso le parole del suo fondatore Don Ciotti, appariva completamente estranea e adirata per questa firma. Auser, associazione impegnata a favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e a far crescere il ruolo dei senior nella società, è invece uscita dalla campagna a priori, come ricorda Daniele Poto. Giornalista, da molto tempo attivo nel contrasto al fenomeno del gioco d’azzardo patologico, autore del dossier Azzardopoli e referente di Libera nella firma del discusso protocollo di intesa, Poto ha spiegato che: “Il protocollo con i concessionari è stato annullato dopo una sorta di approfondita quanto democratica analisi interna tra le quasi 40 organizzazioni che aderiscono alla campagna in rete Mettiamoci in gioco. La complessa interazione tra vertice e base ha portato a questo risultato e a questa marcia indietro per un difetto di comunicazione interna su cui si è esercitata doverosa autocritica” e, riferendosi a Libera: “Libera si è confrontata all’interno di Mettiamoci in gioco e ha scelto solidalmente di contribuire alla cancellazione di quello che (è bene ricordarlo) era solo una dichiarazioni di intenti e non un protocollo di un raggiunto accordo e, limitamento, a 4 punti specifici di possibile confronto (divieto ai minori, patologie, legalità e illegalità e pubblicità) mentre Auser è unilateralmente uscita dalla campagna a priori”. Dichiarazioni queste complementari al comunicato che Mettiamoci in gioco pubblicò lo scorso 31 ottobre, data di rescissione del protocollo, di cui un estratto: “Il protocollo con Confindustria non ha aiutato il perseguimento dei fini prefissati e va dunque accantonato, fermo restando il dialogo e la ricerca del consenso con tutti i soggetti politici e sociali per arrivare a un sistema di regolazione e cura moderno ed efficace per tutta la società”. E a questo “mea culpa” è seguito, di tutta risposta, il lancio di una nuova campagna di comunicazione e sensibilizzazione, sempre da parte di Mettiamoci in Gioco, dal titolo Liberi dal Gioco d’azzardo. Presentata lo scorso 14 novembre presso la sala della Mercede,a Roma, sede della Camera dei Deputati, dove, oltre ai tanti esponenti della campagna ha partecipato anche il parlamentare del Pd Paolo Beni, in Commissione Affari Sociali, la nuova Campagna si è prefissata l’obiettivo di “sensibilizzare l’opinione pubblica decostruendo i messaggi illusori di vincite facili, diffusi dall’industria dell’azzardo”. All’evento del 14 è poi seguito quello dello scorso 17 novembre, presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari, chiamato “Il Gioco è bello quando dura poco”, dove hanno preso parte, tra i vari esponenti di Mettiamoci in Gioco, anche Daniele Poto, ma anche Matteo Iori, Presidente del Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo e niente di meno che l’On.Rosy Bindi, Presidente della Commissione bicamerale Antimafia e l’On. Paola Binetti, ovvero la prima firmataria dell’emendamento sulla legge di stabilità riguardante il contrasto al gioco d’azzardo, approvato recentemente dalla Camera.
E arriviamo dunque all’altro tema caldo, ovvero il ruolo della politica in tutto ciò, che, oltre alla Bindi e alla Binetti ne ha visto la rappresentanza, nel caso specifico del convegno “Il Gioco è bello quando dura poco”, di Massimo Enrico Baroni, portavoce del M5s alla Camera dei Deputati, di nuovo di Paolo Beni, dell’On. Raffaele Calabrò del Ncd, di Vito de Filippo, Sottosegretario alla Salute e di Pier Paolo Baretta, Sottosegretario all’Economia. Tutti questi grandi nomi, quindi, cosa stanno facendo? Se la revoca dell’accordo tra Mettiamoci in Gioco e Sistema Gioco Italia ha contribuito a placare, temporaneamente gli animi attivisti, il suddetto convegno del 17 novembre invece ha portato a riaccenderli; poi si sa, quando c’è la politica di mezzo è sempre facile ottenere questo risultato. Per inciso, che la politica abbia delle colpe oramai tatuate nel proprio Dna è un dato di fatto che nessuno mette in discussione, anzi. Sul tema azzardo è stato recentemente approvato alla Camera il sopracitato emendamento, con il quale si dovrebbero stanziare 50 milioni di euro da destinare ad attività di prevenzione, cura e riabilitazione dal gap, che prevede l’aumento della tassazione per finanziare l’aggiornamento dei Lea (livelli essenziali di assistenza) e per la sperimentazione dei software che consentano al giocatore di monitorare il proprio comportamento e di generare messaggi di allerta. Passo avanti o no? “Il provvedimento legislativo in itinere è ancora largamente insufficiente per combattere efficacemente l’azzardo soprattutto a livello di risorse economiche. Aumentare il peso della tassazione non scoraggerà gli azzardopati ma è solo un deterrente per aumentare le scricchiolanti entrate di Stato. E così sul versante della patologia, occorre ben altro per una brusca frenata di quanto costruito in 11 anni di pazienza lavoro istituzionale e di lobby”, queste le parole di Daniele Poto in merito. Almeno qualcosa si potrebbe smuovere però, passo dopo passo. Il problema è che questo emendamento appena approvato, ha subito un fermo, come dichiara il movimento Slotmob su Avvenire.it, da parte della Commissione Bilancio per mancanza di copertura. L’apatia politica però, se di questa si tratta o se effettivamente non nasconde interessi, sembra non bastare a rendere tortuoso l’operato della lotta contro l’azzardo. Il convegno del 17 novembre ha infatti contribuito ad alimentare un’ulteriore faida interna tra attivisti, personificata dalla Consulta Nazionale Antiusura, che il giorno dopo il convegno, ha inviato un comunicato nel quale si impegnava a esprimere “tutto il suo più reciso dissenso a un approdo legislativo sul gioco d’azzardo fatto con queste premesse. Lo esclude fin dal titolo che è stato scelto per l’incontro di ieri. Il gioco è bello quando dura poco ascrive l’azzardo, legittimandolo anche istituzionalmente, nel novero dei giochi dell’infanzia, attribuendogli l’innocenza – dal latino: la capacità di non nuocere – che nella realtà il denaro nell’alea non possiede”. Sulla stessa lunghezza d’onda non poteva che trovarsi Maurizio Fiasco, sociologo specializzato in ricerca e formazione in tema di sicurezza pubblica e consulente della Consulta Nazionale Antiusura che, in un’intervista a Vita.it del 19 novembre afferma, in sostanza, che “Dopo aver annunciato la rescissione dal contratto, Sistema Gioco e Mettiamoci in Gioco (ndr), stanno procedendo a renderne operativi i dispositivi” e adduce la questione della nomenclatura e del fatto che in quel convegno si è posta l’attenzione sui malati, ovvero una minoranza residuale e non sul resto, sminuendo così il problema. Accuse alle quali Daniele Poto ha risposto indirettamente in questo modo: “Ciò non ci impedisce di riconoscere l’odiosità delle strumentalizzazioni che si sono spinte fino a contestare la partecipazione a un convegno istituzionale organizzato alla Camera dall’on. Binetti, prima firmataria della proposta di legge che vuole limitare e disciplinare l’azzardo e solo perché, in minoranza, è stata data voce a un concessionario e al responsabile dei Monopoli di Stato. Polemiche, catastrofismo, proibizionismo per Mettiamoci in gioco non giovano alla causa anche se sono posizioni comode, di rendita mediatica”.

Che ognuno abbia i propri punti di vista è lecito, ma è anche vero che, se si decide di lottare insieme per una stessa causa, nonostante la comunicazione sincronica tra vari soggetti può risultare difficile a volte, è bene mantenere una stessa lunghezza d’onda e non attaccarsi a vicenda appena qualcosa non va. Se prima era la firma del protocollo ad accendere gli animi tra la stessa famiglia, ora è stato il convegno. Cos’altro riserverà il futuro? L’approvazione di una legge quadro forse sarebbe l’unico elemento in grado di riappacificare gli animi ma, da ciò che emerge ora, questa sembra molto lontana.

Twitter @IlariaPetta

convegno-gioco