Ilva: al vaglio nuove soluzioni
Un’altra ipotesi è in fase di elaborazione dalla procura di Taranto per l’Ilva: sì alla vendita di lamiere e coils, ma il guadagno rimarrà vincolato e gestito da un custode giudiziario. Una battaglia legale che dura ormai da mesi tra magistrati, governo e gruppo Ilva. Una battaglia che è finita davanti alla Consulta e che è stata riassunta e analizzata senza riuscire a sciogliere il braccio di ferro.
La Procura nega l’istanza di dissequestro delle merci prodotte dal colosso industriale. Il gruppo Riva rilancia, chiedendo ai magistrati la possibilità di rimettere le merci sul mercato e ultilizzare il ricavato per destinarlo solo agli stipendi e alla bonifica della fabbrica. La Procura ha respinto anche quest’altra istanza di dissequestro vincolato. Due giorni fa, a Taranto, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha cercato di trovare una soluzione non certamente facile che miri a conciliare, per quanto possibile l’aspetto giuridico con quello industriale.
Attualmente ci sarebbe un’ipotesi al vaglio dei magistrati: si tratta di esaminare le merci che sono sottoposte ai sigilli giudiziari, valutare se lo stoccaggio all’aperto le sta deteriorando o meno, quindi avviare la vendita ai clienti che le hanno ordinate. In realtà, però, non sarebbe l’Ilva a gestire la vendita ma uno dei custodi giudiziari, nominati per il sequestro dell’area a freddo e tutt’ora in carica, probabilmente Mario Tagarelli presidente dell’Ordine dei commercialisti di Taranto. Dunque il ricavato della vendita non andrebbe all’azienda ma verrebbe messo in un deposito e sottoposto a vincolo. Con questa operazione l’Ilva non acquisirebbe la liquidità necessaria per pagare gli stipendi o per bonificare, ma avrebbe la possibilità di tornare a produrre con gli impianti dell’area a freddo che sono fermi da settimane con i lavoratori in cassa integrazione, ed eviterebbe di perdere ulteriori fette di mercato.
Tutto è ancora in fase valutativa ma una cosa è certa: l’autorità giudiziaria non adotterà misure di compromesso o di opportunità, magari anche comprensibili da certi punti di vista per evitare, cioè, la liquidazione di un’azienda che è colonna portante dell’economia nazionale. La Procura ha ribadito che, per chiudere la vicenda in maniera definitiva, ogni cosa dovrà trovare il proprio fondamento in specifiche disposizioni normative processuali e penali.
Intanto, a conferma che quelli dell’autorità giudiziaria non sono solo capricci infondati, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano su indicazione del Servizio veterinario della Asl ha emesso un’ordinanza sul rischio derivante dal consumo di alimenti di origine animale non provenienti da filiere controllate, per la possibile contaminazione con inquinanti emessi dall’impianto siderurgico e dagli altri insediamenti della zona industriale. <<E’ da evitare la raccolta di chiocciole in terreni incolti; la caccia di esemplari di fauna selvatica stanziale, che abbia avuto accesso ad alimenti potenzialmente contaminati per lunghi periodi di tempo; l’allevamento di galline ovaiole, o di altri volatili da cortile per autoconsumo, deve essere attuato con rigorose cautele, in particolare evitando di far razzolare gli animali in zone esposte alla contaminazione e integrando l’alimentazione animale con mangimi sicuramente esenti da diossine e Pcb>>. Seppure si tratti di un atto in via prudenziale, ciò non esclude che il pericolo esista. Pertanto il sindaco Stefano ha voluto ricordare alla cittadinanza di adottare le dovute cautele ed evitare il consumo degli alimenti ritenuti a rischio in quanto ‘non riconducibili a filiere agroalimentari ufficiali e sottoposte a controlli’.