Renzi, al-Sisi e lo Stato di Palestina
Il tour di incontri bilaterali intrapreso dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi comincia dall’Italia, e non per caso. Al Sisi e la sua delegazione di imprenditori egiziani ha visitato Roma il 24 e il 25 novembre, collezionando incontri con Renzi, con Napolitano e con il papa.
La scelta di confrontarsi prima di tutto con le forze italiane risiede in precise ragioni d’ordine economico, l’Italia è infatti il secondo partner commerciale dell’Egitto dopo gli Stati Uniti. L’incontro con Matteo Renzi si è tenuto a Villa Madama e, nella conferenza stampa a margine del colloquio, al-Sisi ha voluto rimarcare che lo Stato egiziano si impegna a garantire la sicurezza delle aziende italiane attive in Egitto: «Facciamo sforzi importanti per trovare soluzioni alla questione degli investimenti in Egitto. Vogliamo fare una nuova legge per incoraggiarli. Prima c’erano procedure molto lunghe. Ci stiamo lavorando e speriamo di trovare una soluzione nel prossimo futuro».
Ma al di là del business, per quanto questo stia a cuore ai premier, il tour egiziano avrebbe l’obiettivo di rinsaldare legami di cooperazione internazionale contro il terrorismo. E su questo piano bisogna forse chiarirsi meglio. A Villa Madama si è parlato di equilibri politici in Medio Oriente e nord-Africa e Renzi più che dimostrare incisività e concretezza si è lasciato andare alle frasi di circostanza che l’evento richiedeva. Ha infatti, giustamente, manifestato solidarietà al popolo egiziano, colpito nelle ultime settimane da gravi attentati. Il presidente del Consiglio italiano ha sottoscritto che occorre un impegno «per una lotta senza quartiere al terrorismo», aggiungendo, as usual, che parlando di sicurezza «il discorso va allargato all’Europa e alla comunità internazionale. L’unico modo per bloccare l’escalation del terrorismo è rafforzare la cooperazione». Tutto buono e giusto, ma nell’annuire persino il maresciallo al-Sisi, artefice nel suo paese di una dura repressione dei Fratelli Musulmani e mandante di un’azione di vera persecuzione dei terroristi o presunti tali, ha capito che il problema non risolve con il mero invio di armi.
Al-Sisi ha affermato che il terrorismo nella regione va rafforzandosi, altro che indebolirsi, e ha spiegato: «Il terrorismo è cominciato perché è mancata una speranza per il popolo palestinese. Oggi la situazione è molto più difficile che in passato ma se vogliamo dare veramente una speranza al popolo palestinese, dobbiamo dargli uno Stato» e ha aggiunto «Prima dell’accordo di pace Egitto-Israele nessuno pensava fosse possibile. Ora questa esperienza può essere d’ispirazione». Alla Svezia e al Regno Unito la scorsa settimana si è aggiunta anche la Spagna ad approvare una risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Il 28 novembre voterò anche l’Assemblea nazionale di Francia. E l’Italia?