La cassazione ha annullato il processo Eternit e questa notizia ha scatenato moltissime polemiche. Nessuno ha pensato alle vittime che ci furono, e la tragedia è scaduta, ma nel cuore del tribunale, non nel cuore delle persone. Il 19 novembre la prima sezione penale della corte di Cassazione ha annullato per prescrizione dei reati il processo Eternit, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello. Verrebbe da dire “una sentenza storica”.

Bisogna analizzare il tutto dall’inizio. Eternit rappresenta un marchio di fibrocemento, ovvero, un materiale usato in edilizia soprattutto per vasche, tegole, tettoie. Il materiale veniva fabbricato facendo uso di amianto. L’amianto è un insieme di minerali, il quale si è scoperto ha gravi ripercussioni sulla salute, in particolare è cancerogeno. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell’aria non sia pericolosa: un’esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle. Il brevetto del marchio di fibrocemento, invece, risale al 1901 e venne acquistato due anni dopo dall’azienda svizzera Schweizerische Eternitwerke AG, che negli anni Venti cambiò il suo nome in Eternit. Eternit è, dunque, anche il nome dell’azienda produttrice di quello specifico tipo di fibrocemento. Venne creata nel 1906 un’azienda che iniziò ad aprire anche in Italia diversi stabilimenti concentrandosi inizialmente sulla produzione di tubi. La prima fabbrica venne aperta a Casale Monferrato (Alessandria), altre poi a Cavagnolo (Torino), a Broni (Pavia) e a Bari. Nel 1933 Eternit diventò proprietà della famiglia di imprenditori svizzeri Schmidheiny, che nel 1973 divenne responsabile anche degli stabilimenti italiani affiancata dai belgi De Cartier. Negli anni ’50 cominciarono i primi casi sospetti, e le prime malattie degli operai. E cominciarono così da parte degli operai anche i primi scioperi per avere maggiori tutele.

Il primo processo Eternit cominciò il 6 aprile del 2009: vennero presentate 2889 richieste di risarcimento danni che corrispondevano alle 2889 famiglie che avevano avuto una vittima. La sentenza di primo grado arrivò il 13 febbraio del 2012: Louis De Cartier e Stephan Schmidheiny, i due proprietari della multinazionale dell’amianto, vennero condannati a 16 anni per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche (il procuratore generale Guariniello aveva chiesto 20 anni).

Il caso Eternit, appunto, che interessa un pezzo d’Italia fin dall’inizio del Novecento, è tornato a fa riparlare di sè pochi giorni fa con l’amara sentenza della cassazione. Ancora una volta, come ormai negli ultimi tempi, la giustizia prende una strada non giusta appunto, ma segue un iter burocratico privo di moralità, arrivando all’annullamento delle condanne per disastro ambientale e l’annullamento per prescrizione. Dunque annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione del disastro ambientale la sentenza della corte di appello di Torino sulla strage Eternit. Dopo ore di camera di consiglio è stata accolta la richiesta del procuratore generale Francesco Iacovello che dal punto di vista giudiziario non c’è nessun colpevole nel caso Eternit. A neanche poche settimane dalla sentenza per assoluzione del caso Cucchi, ci troviamo di fronte alla stessa storia, ci sono reati, morti, pestaggi, ma non esiste un colpevole. Forse è questo il tipo di giustizia che ci meritiamo, casi di questo tipo possono far solo riflettere e lasciare un ricordo a chi non c’è più e ha pagato con la vita.

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