Jobs act: il nuovo art. 18 addio reintegro
Alla fine pare che Matteo Renzi ce l’abbia fatta. Sex appeal, sordità, un po’ d’aplomb ed un richiamo a Marta 27 anni incinta e partita iva, bastano in Italia a standardizzare le tutele chiaramente al ribasso. L’emendamento del PD di modifica all’art 18 dello Statuto dei lavoratori è stato, così, approvato in commissione. Chiaramente l’iter legislativo non finisce qui, rimane ancora il voto in Aula, ma è doveroso ammettere come difficilmente il Governo verrà smentito in quella sede.
Ad ogni modo, la rettifica scardina nuovamente la disciplina dei licenziamenti, riformati dalla Fornero appena due anni fa, ridisegnando in nome della flessibilità l’assetto delle sanzioni a carico del datore di lavoro a seconda della diversa fattispecie in oggetto. Si avranno in questo modo tre tipi di licenziamento:
1. Licenziamento economico: in questo caso l’azienda è costretta a licenziare o perché in crisi o per predisporre un nuovo assetto organizzativo. Nel caso in cui, tuttavia, questi licenziamenti vengano dichiarati illegittimi (perché ad es. l’azienda non versa in uno stato di crisi) il lavoratore non avrà più diritto al reintegro ma solo ad un indennizzo calcolato in base all’anzianità di servizio.
2. Licenziamento nullo e discriminatorio: in questi due casi l’art 18 non cambia disciplina, se il è licenziamento basato su motivi di oggettiva discriminazione per razza, sesso, religione, il lavoratore avrà sempre diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro e ad ottenere un risarcimento.
3. Licenziamento disciplinare: in questo caso la modifica è cospicua, posto che l’individuazione dei casi che rientrano nel concetto di “licenziamento disciplinare” è oggetto di numerose discussioni a livello dottrinale e giurisprudenziale. L’emendamento comunque interviene applicando a queste circostanze la sola opzione dell’indennizzo. Il reintegro, invece, atterrà solo a “specifiche fattispecie di licenziamenti disciplinari ingiustificati” da definirsi con decreto attutativo.
Posto che l’incertezza dei confini nella definizione di licenziamento disciplinare connota un ampia casistica di fattispecie, foriera di numerosi interventi a livello giuridico, l’attuale disciplina scardina definitivamente il concetto di posto fisso limitandosi ad applicare il reintegro solo quale extrema ratio. In attesa, perciò, dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil il 12 dicembre non sembrano esserci aperture da parte del Governo. E’ lo stesso Renzi a dichiarare: “Non mi preoccupo di far scioperare le persone ma farle lavorare. Anziché passare il tempo a inventarsi ragioni per fare scioperi,mi preoccupo di creare posti di lavoro perché c’è ancora tantissimo da fare”. Indicativa anche la reazione dell’ex Ministro del lavoro nel Governo Berlusconi, Maurizio Sacconi, che esultando ha dichiarato: “Il governo ha indicato correttamente la formulazione concordata che esplicitamente individua nell’indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio la sanzione ordinaria del licenziamento illegittimo tanto economico quanto disciplinare, con la sola eccezione per quest’ultimo di specifiche fattispecie. Vi è l’intesa che dovranno essere disegnate in modo così circoscritto e certo da non consentire discrezionalità alcuna al magistrato, in modo che i datori di lavoro abbiano quella prevedibilità dell’applicazione della norma che li può incoraggiare ad utilizzare i contratti a tempo indeterminato. Ora dobbiamo fare presto”. Meno festoso il clima a sinistra del Pd, nell’area di minoranza, da Civati per cui: “La mediazione che stanno trovando è una montagna che partorisce nemmeno un topolino, un mostriciattolo, non so come sia possibile” sino a Stefano Fassina: “Verrò identificato ancora una volta come gufo ma avremo un 2015 di stagnazione e di aumento di disoccupazione, con i lavoratori in condizioni peggiori di oggi. Mi sembra che finora sia stata un’operazione sostanzialmente propagandistica. Io rimango fermo alle posizioni che avevo quando abbiamo votato in direzione, visto che non c’è un euro destinato ai milioni di precari e ai disoccupati e si va ad indebolire ancora di più il potere contrattuale dei lavoratori. Facendo così, la recessione non finirà”. Netta anche la posizione delle opposizioni: Movimento 5 stelle, Sel, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega Nord che per protesta hanno votato contro e subito dopo abbandonato la commissione.
Fonte: ilFattoquotidiano, ANSA