In Gran Bretagna troppi jihadisti: «ordini di esclusione temporanea»

La Gran Bretagna ha preso una posizione: i jihadisti di nazionalità britannica, partiti per il Medio oriente per unirsi all’Isis, sono ufficialmente “banditi”, ossia non potranno tornare in patria per almeno due anni.

Secondo quanto riportato dal Daily Telegraph, il premier inglese David Cameron, nel corso del suo viaggio a Canberra, in Australia, per il “Leaders Summit” del G20 previsto nel week end, ha annunciato che verranno applicati quelli che ha definito come «ordini di esclusione temporanea». Da un punto di vista giuridico, dunque, i britannici che hanno intrapreso un percorso a sostegno dell’Isis saranno considerati alla stregua degli apolidi: privi di cittadinanza. In sostanza, Cameron ha voluto sottolineare davanti al Parlamento australiano e sotto gli occhi del mondo, che «A breve introdurremo nel Regno Unito una nuova legge antiterrorismo». Entro fine novembre il testo di legge dovrebbe già essere discusso in Parlamento. La proposta, d’altronde, era stata già avanzata precedentemente dallo stesso premier a settembre.

La lista nera. In sostanza il piano per garantire la sicurezza nazionale consisterà nel redigere una lista nera da consegnare alla compagnie aeree, così da rendere impossibile il ritorno in patria. Il rientro dovrebbe essere possibile solo allo scadere dei due anni, a meno che i jihadisti non si dichiarino alla frontiera sottoponendosi a rigidi controlli da parte della polizia. Qualora tentassero di tornare in patria non autorizzati la pena sarà quella di cinque anni di carcere Inoltre, per i sospettati, minorenni compresi, è previsto il ritiro del passaporto per più di 30 giorni. Basti pensare alle sedicenni di Manchester, Salma e Zahra Halane (Due gemelle inglesi in Siria per unirsi all’Isis), che sono riuscite ad arrivare in Siria senza problemi. Ovviamente si deve trattare di “sospetti ragionevoli” riguardanti attività terroristiche. Nel caso in cui una compagnia non si attenesse a tali disposizioni, la pena sarà quella di vedersi negato l’atterraggio sul suolo britannico. Ovviamente, i funzionari inglesi avranno anche il potere di fermare aspiranti jihadisti in partenza dal proprio Paese.
Questa decisione non è altro che la conseguenza dei numerosi arresti per accusa di terrorismo che si sono verificati nel regno della regina Elisabetta lo scorso anno: circa 200. Inoltre, su 500 fedeli partiti per unirsi all’Isis, la metà hanno fatto, in seguito, ritorno in patria. Circa 24, invece, sono morti negli scontri.

Equilibrio internazionale. Tuttavia l’allarme rischio terrorismo non è percepito solo in Gran Bretagna ma, più in generale, in Europa. A tale proposito un comitato di esperti del Consiglio d’Europa ha il compito di elaborare un protocollo, in quanto primo passo per la realizzazione di una vera e propria convenzione antiterrorismo. È tempo di cambiamenti anche per l’Isis stesso poiché, in seguito all’appello del califfo Abu Bakr al Baghdadi, la formazione situata nel nord del Sinai ha deciso di cambiare il proprio nome in «Stato del Sinai appartenente allo Stato islamico».

Il fine è unico: garantire sicurezza e serenità ai propri cittadini. Combattere un nemico imprevedibile è già complicato, ma averlo a “casa propria” rischia di rendere le regole del gioco insostenibili. D’altronde, la prudenza non è mai troppa quando il rischio è quello di compromettere equilibri già instabili all’interno del proprio Pese e tra i vari stati.
Il califfo ha parlato e lo ha fatto più di una volta. Ha confermato il proprio obiettivo e rafforzato le sue alleanze: vuole riunire i propri seguaci e invadere Roma.
«L’obiettivo di Cameron è ora chiaro al mondo: Dobbiamo quindi affrontare questo estremismo in tutte le sue forme. Dobbiamo vietare predicatori estremisti dai nostri paesi. Dobbiamo sradicare l’estremismo dalle nostre scuole, università e prigioni».
Non sarà arrivato anche il momento per l’Italia di darsi una svegliata?