Ban ki-Moon all’Assemblea Generale: «Trovare i semi della speranza»
Violenze in Mali, in Sudan, nella Repubblica Centrale Africana e in Nigeria, minacce dell’ISIS in Siria e Iraq, crisi in Ucraina e Libia, conflitto Israelo-Palestinese, epidemia del virus Ebola, lotta al terrorismo, alla povertà e al cambiamento climatico, sviluppo sostenibile, disarmo e difesa dei diritti umani: questo al centro del dibattito della sessantanovesima Assemblea delle Nazioni Unite così come annunciato dal Segretario Generale Ban-ki Moon in occasione della conferenza stampa d’apertura di New York: «Potrebbe sembrare che il mondo stia cadendo a pezzi, mentre le situazioni di crisi si accumulano e le malattie si diffondono, ma la leadership consiste proprio nel trovare i semi della speranza e nel coltivarli in qualcosa di più grande».
L’appuntamento annuale presso il quartier generale delle Nazioni Unite ha assisitito alla partecipazione di oltre 140 Capi di Stato e di Governo, leader della società civile e influenti personalità internazionali dedite alla salvaguardia della pace e della sicurezza internazionale. Ammessi in qualità di osservatori, inoltre, la Santa Sede, lo Stato di Palestina e l’Unione Europea.
La questione del terrorismo e delle velleità di costruire un nuovo califfato da parte del cosiddetto Stato Islamico dell’Iraq e del Levante hanno, prevedibilmente, occupato gran parte del dibattito. «Un mix tossico di ideologia medievale e moderna tecnologia»: così il Ministro degli Esteri canadese ha definito l’ISIS. Al di là delle dichiarazioni di condanna degli attacchi, gli Stati hanno sottolineato i pericoli derivanti dal timore che una organizzazione terroristica possa sostituire un governo “pseudo religioso” a degli assetti democratici – a settembre il Consiglio di Sicurezza ha adottato all’unanimità una risoluzione che, tra le altre cose, contempla delle misure atte a impedire il transito sul proprio territorio di individui sospettati di terrorismo e a fornire il sistema legale di tutti gli strumenti necessari per perseguire tali criminali. Oltre a combattere la minaccia con baluardi normativi, è stata sottolineata l’opportunità di risalire alle lacune culturali che consentono alle idee estremistiche di attecchire tra i giovani.
Il plenum ha, inoltre, affrontato la questione Ebola adottando una risoluzione che ha dato vita alla UNMEER, la United Nations Mission for Ebola Emergency Response, una missione internazionale con lo scopo di contenere e combattere un’epidemia che, oltre ad aver causato oltre 2,500 vittime, comporta dei costi altissimi in termini economici e sociali.
Ineludibile il problema del cambiamento climatico, denunciato con particolare accoramento dai leader di quei Paesi i cui ecosistemi risentono maggiormente dell’escursione termica: per evitare conseguenze irreversibili, è essenziale che le temperature non superino di 1,5 gradi le medie dell’età preindustriale.
Tecnicamente non pertiene al summit dell’Assemblea Generale, ma probabilmente uno degli interventi più potenti e ispirati di quest’anno va ascritto all’attrice Emma Watson, Ambasciatrice di Buona Volontà e portavoce della campagna HeForShe. La giovane interprete ha ricordato i tanti pregiudizi legati all’idea di femminismo e citato una frase dello statista Inglese Edmund Burke che in questo momento suona come uno specialissimo monito all’interno del Palazzo di Vetro: «Tutto ciò che occorre affinché le forze del male trionfino è che gli uomini (e le donne) perbene non facciano nulla».
Foto: EDUARDO MUNOZ ALVAREZ/GETTY IMAGES
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