Giovanni Cucchi: La denuncia del SAPPE dimostra il timore nei nostri confronti

“Se è vero che 120 persone hanno visto Stefano, in quei giorni, allora qualcuno dovrebbe parlare. Occorre un atto di coraggio”.
Chiede il coraggio di rompere quel muro di omertà che occulta ancora la verità sulla morte di suo figlio, Giovanni Cucchi, intervistato ai microfoni di “Te la do io Tokyo”, in onda sui 101.5 FM di Centro Suono Sport. 

Soltanto ieri è arrivata l’ennesima beffa, l’ennesima pagina contraddittoria e crudele, per la famiglia Cucchi. “Il dott. Pignatone ci ha ricevuti in modo completo – racconta Giovanni – fornendoci anche indicazioni preziose sulle direzioni lungo le quali procedere, ora, tramite il nostro avvocato. E si è reso disponibile a riesaminare tutte le carte“.

Ma la dichiarazione ufficiale, invece, di lì a poco, di elogio per il lavoro dei PM ha un sapore amaro. “Si, le parole successive, pronunciate solo un’ora dopo, ci hanno dato da pensare che, invece, stiamo perdendo tempo. Cosa significa: che in un’ora ha già riguardato tutti gli atti?”

Si dice scettico “ma – aggiunge – la speranza è l’ultima a morire”.
Intanto, la famiglia di Stefano porterà avanti la denuncia nei confronti del Ministero di Grazia e Giustizia: “se non si riesce a risalire ai responsabili diretti, non resta che chiamare in causa l’Ente”.

E’ una soluzione che sa di poco – la responsabilità penale è individuale, personale – e Giovanni Cucchi lo sa bene. Parla con calma ma con decisione. Anche nel momento in cui gli vengono riportate le parole del Presidente del Senato che chiede esplicitamente “Chi sa, parli”: “Siamo stati ricevuti da tutti: dalla Cancellieri, dalla Presidente della Camera ma non abbiamo raccolto nulla. Sono tutte parole. Basta con le parole“.

E alle parole contrappone con forza ciò che di più tangibile, in questi anni, è stato sotto gli occhi di tutti: “il coraggio di mia figlia. Che voglio ringraziare pubblicamente. Un coraggio enorme, infinito.
Lo Stato dovrebbe garantire i Diritti Civili e, invece, eccoci qui. A fare appello al nostro coraggio e a chiedere il coraggio dei singoli”.

Un ultimo passaggio è dedicato al SAPPE (Sindacato Polizia Penitenziaria), che ha annunciato querela nei confronti di Ilaria.
E’ un autogol. Dimostra il timore nei nostri confronti: sanno che possiamo disturbare la loro ‘quiete’. Sono frasi false, atteggiamenti provocatori, da parte loro; noi non ci lasciamo influenzare ma possono agire sull’opinione pubblica e questo non è giusto. C’è stato chi ha detto cose fuori luogo, provocatorie, ma sono state davvero poche persone.

Anzi, ringraziamo la gente – conclude Giovanni, emozionato – per molte persone Stefano è diventato un figlio e un fratello”.