La Fata Morgana in scena contro le mafie
Da due anni La Fata Morgana gira l’Italia rivendicando un volto per le sue nove sorelle, le donne dimenticate, uccise per mano della criminalità organizzata. Un’iniziativa tenace che nasce dalla penna della messinese Marica Roberto, fondatrice ed anima della Compagnia Attori&Musici, e trova nelle percussioni impetuose dell’ esemble siciliana Unavantaluna la miscela emotiva per un monologo travolgente lungo un’ora, tra recitazione, canto e musica dal vivo. Il buio del palcoscenico accoglie il fragore violento del mare, mentre le musiche siciliane scandiscono il risveglio della strega dei miraggi, guaritrice e mutaforme, che incanta e rifugge, simula e dissimula, e stavolta decide di consegnare agli occhi del pubblico ciò che la distorsione ottica dell’informazione di massa cela allo sguardo. C’è chi è stata uccisa poichè ha rifiutato di prostituirsi, chi ha cercato invano i propri figli spariti, chi è stata indotta a fuggire: Morgana trae dal “pozzo scandaloso” dell’oblio donne vittime o ribelli del giogo criminale, ingannate dall’amore, “disonorate” e per questo morte “suicidate“, e ne indossa i panni, una per una. Batte i piedi e scalcia, si agita nervosa in movimenti urlati e si spoglia, strepita, prestando i suoi aspetti grotteschi come lente d’ingrandimento sulla condizione alienante e folle di chi non può guardare oltre le condizioni imposte, nella prigione di una realtà domestica in cui ogni passo verso un orizzonte diverso è una condanna, il desiderio di libertà è un rischio.
Una performance furiosa che affida l’approfondimento psicologico all’interpretazione viscerale e passionale, schivando volutamente la narrazione razionale, di cui a tratti comunque si sente la mancanza. Fata Morgana-Fantasia su un mito, che ha fatto tappa a Roma al Teatro Lo Spazio fino al 1 novembre ed è in attesa di nuove date, scova la violenza di stampo mafioso che si cela sotterranea sotto l’etichetta onnicomprensiva di femminicidio, svelando finalmente quel falso storico del codice d’onore mafioso che non toccherebbe mai donne e bambini. Nel nome di Palmira Martinalli, Rossella Casini, Maria Teresa Gallucci e la mamma, Nicolina Celano e la nipote Marilena Bracaglia, Tita Buccafusca, Lea Garofalo e sua figlia Denise, Angela Donato, e di tutte le altre non citate in scena, ma a cui lo spettacolo è dedicato.