John Cantlie, inviato speciale Isis

Fa impressione vederlo entrare in scena con la disinvoltura di un qualunque reporter in collegamento video ma con i capelli e la barba più lunghi del solito e una strana tunica nera. Il giornalista britannico John Cantlie, già da due anni ostaggio dell’Is, è costretto dai suoi aguzzini a fare l’anchorman dello Stato Islamico.

Insieme al barbaro tagliamento di gole, l’ipertecnologico Stato Islamico si preoccupa di fare informazione e propaganda in HD. L’operazione è brutale e ricorda un film dell’orrore: l’essere umano, pungolato da una scimitarra e dalla paura della morte, viene svuotato di ciò che è e il suo guscio, come una marionetta, viene riempito di frasi da interpretare a memoria e con il sorriso di fronte al mondo. John Cantlie era già stato suo malgrado protagonista della serie di video “Lend me your ears” (Prestatemi ascolto) nei quali spiegava perché i raid occidentali non avrebbero fermato l’avanzata islamica. In questo nuovo video Cantlie si fa reporter da Kobane. I capelli e la barba sono più lunghi, e non ha la solita veste arancione dei condannati a morte ma una tunica nera, segni che farebbero pensare a una conversione all’Islam. Ma certo il trucco e parrucco sono opera del costumista.

Il video, di 5 minuti e 32 secondi, diffuso dal “dipartimento media” dello Stato islamico, si apre con riprese dall’alto della città di Kobane e poi entra in campo quello che si presenta nei fatti come l’inviato speciale del califfato. Cantlie annuncia all’Occidente la presa di Kobane e si propone di svelare la farsa dei curdi che resistono favoleggiata dai media occidentali: «Ciao, sono John Cantlie e siamo a Kobane, nel cuore della zona di sicurezza del Pkk, ora controllata interamente dallo Stato islamico» esordisce Cantlie come se fosse in collegamento video con un tg. «Qui prima c’erano i peshmerga, ora non più. Lo Stato Islamico ha vinto la battaglia, non credete a quello che vi dicono i media. Non vi dicono la verità. Del resto, non vedo loro giornalisti qui intorno». Il messaggio è propaganda per chi crede nella jihad e deve essere rassicurato che stanno vincendo e che forse dovrebbero anche loro unirsi attivamente alla guerra. Anche se nessuna bandiera islamica sventola su Kobane in segno di presa e la messinscena svela le sue lacune.

Colpisce la violenza inflitta a Cantlie, costretto dalla paura a rinunciare a sé e atrsformarsi come pongo nelle mani del califfato. Il pensiero corre a tutti gli ostaggi in mano all’Is. Sei sono gli italiani ancora scomparsi. Padre Paolo dall’Oglio, rapito nel 3013 nella zona di Raqqa, in Siria. Sempre in Siria sono state rapite nel luglio 2014 le due cooperanti Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Non si hanno ancora notizie nemmeno di Marco Vallise, tecnico delle costruzioni sparito in Libia lo scorso luglio, Gianluca Salviato, tecnico sparito lo scorso marzo in Libia, né di Giovanni Lo Porto, cooperante sequestrato più di due anni fa in Pakistan.

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Twitter: @Fra_DeLeonardis