In memoria di Aaron Swartz, martire dell’era digitale

Obit Swa--180x140Inutile dirlo: anche l’era digitale miete vittime e consacra martiri. E’ quello che è successo a Aaron Swartz, Robin Hood del web, che lo scorso 11 gennaio si è tolto la vita.

Perchè? Al suo pregresso stato di depressione (propria di ogni grande genio o artista) si è aggiunta un’accusa per un ‘originalissimo’ furto, che l’ha definitivamente fatto crollare. 

Nel 2011 Aaron aveva pubblicato liberamente in rete alcuni scritti prelevati dall’archivio di Jstor, la grande libreria online che vende articoli scientifici alle biblioteche di tutto il mondo. Faceva parte di una filosofia di vita che consisteva nella totale condivisione del sapere. Il suo errore è stato quello di aver collegato il proprio notebook alla rete del Massachusetts Institute of Technology, ricevendo così una denuncia  dallo Stato Federale Statunitense con il rischio di 35 anni di reclusione più una multa di 1 milione di dollari. Niente male per un ‘criminale che non ha mietuto alcuna vittima’, come la famiglia stessa l’ha definito. Ma Aaron non ce l’ha fatta, non ha retto alla condanna, è caduto, e non ha avuto la forza di rialzarsi. Immediate sono state le iniziative di solidarietà nei confronti del ‘piccolo, grande, genio’. Il collettivo Anonymus ha preso possesso dei siti del MIT e per diverse ore ha lanciato messaggi di solidarietà per Aaron: <<Questa tragedia deve diventare la base per una riforma della legislazione sui crimini informatici (…). Può rappresentare un’occasione per rivedere le leggi sul copyright, che proteggono i guadagni di pochi a sfavore del beneficio di molti. La tragedia di Aaron può essere la base per un rinnovato impegno per garantire a tutti una Rete libera da censure e accessibile da chiunque>>. Il blogger dell’Huffington Post, Andrea Stoppa, inoltre, ha invitato i proprietari dei file di ricerche, documenti e scritti di pubblico interesse a caricarli e diffonderli in Rete. In memoria di Swartz e della battaglia che aveva deciso d’intraprendere. 

I funerali si sono tenuti il 15 febbraio nella sinagoga di Central Avenue a Highland Park, Illinois. Il padre di Aaron, Robert, ha dichiarato: «Aaron non è morto suicida. È stato ucciso da un governo ottuso e tradito da un’università che l’ha fatto perseguire per sottrazione fraudolenta di ‘paper’ accademici, anche se il Mit dovrebbe essere uno dei più grandi templi della diffusione del sapere». Nelle parole della sua famiglia e degli amici più stretti trovano spazio più stupore che rabbia. Come riporta il Corriere della Sera: <<Non una ribellione antisistema, ma lo stupore di una comunità progressista davanti allo Stato faro della democrazia nel mondo che si dimostra feroce, incapace di applicare con equilibrio leggi vecchie e generiche che lasciano ai magistrati (in teoria anche loro progressisti) enormi margini per interventi discrezionali>>.

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