“Grazie alla lungimiranza del municipio, residenti e cittadini avranno tranquillità e più tempo per imparare il cinese”. Così recita il cartello appeso dietro la cassa dello storico locale romano di Via Albalonga. Lo ha scritto Roberto Pompi, il re del tiramisù più famoso di Roma che oggi si ritrova a dover abbassare le saracinesche e molto probabilmente a dover vendere la grande caffetteria ai cinesi.

Quel trionfo di calorie dal gusto eccezionale a base di uova, caffè, mascarpone e cioccolato sembrava imbattibile. E invece la crisi ha morso anche lui. E ora molto probabilmente nello storico bar saranno serviti involtini primavera e ravioli al vapore. Il proprietario è infatti in trattativa con tre imprenditori: uno russo e, per l’appunto, due cinesi che vorrebbero aprirvi un ristorante.
E proprio la comunità cinese è rimasta offesa dal cartello scritto dal patron del tiramisù, un cartello che ha trovato piuttosto offensivo e razzista poiché “la nostra unica colpa è quella di aver avuto successo nell’imprenditoria in Italia e nessuno deve offendere gratuitamente un altro gruppo etnico”, ha scritto in una lettera aperta Alessio W. Chen.
Ma il patron del tiramisù non ci sta e alle accuse di razzismo risponde: “Razzista io? La mia più grande soddisfazione è stata vedere il cameriere indiano, un mio dipendente, che grazie allo stipendio si è riuscito ad accendere un mutuo”.

In realtà il suo voleva essere uno sfogo contro il municipio che non gli ha più permesso di continuare a lavorare serenamente. Un municipio che ha deciso di restringere la carreggiata costringendo così i clienti alla fuga sia per via del parcheggio introvabili, sia per via delle multe dei vigili. Da lì è iniziato il declino. E il signor Pompi, che ha cominciato a perdere 4000 euro al giorno, si è trovato costretto prima a ridurre a tutti i suoi dipendenti lo stipendio, poi a dover licenziare (nel mese di agosto quattro persone, nel mese di settembre altre tre). Un dolore immenso per il re del tiramisù che fino a quel momento aveva sempre assunto personale e che era riuscito nel lontano 1960 a trasformare una piccola latteria in una grande e moderna caffetteria. Un dolore che è ben spiegato nel cartello appeso: “Recessione è quando il vicino perde il lavoro, depressione è quando il lavoro lo perde un tuo familiare. Panico è quando lo perdono tutti i tuoi dipendenti…60”.
Restano aperte le succursali di Ponte Milvio, Via della Croce e Albano Laziale. Ma si sentirà senza dubbio la mancanza dello storico locale nato ben 54 anni fa.

cartello pompi

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