La reintegrazione e l’indennità sostitutiva
Rinunciare alla reintegrazione sul posto di lavoro in favore del pagamento dell’indennità sostitutiva di 15 mensilità, determina l’immediata risoluzione del rapporto. Pertanto, un eventuale ritardo del datore di lavoro nel pagamento di tale indennità non determina la permanenza in vita del rapporto di lavoro e la decorrenza dell’obbligazione retributiva.
Così si sono espresse le Sezioni unite della Suprema Corte, mettendo fine ad un dibattito giurisprudenziale alquanto complesso.
La vicenda ruota intorno al meccanismo previsto dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, il quale consente al lavoratore di poter optare, a seguito di una sentenza che disponga la reintegrazione nel posto di lavoro ed in luogo della predetta reintegrazione, di un’indennità sostitutiva, per un importo pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il problema giurisprudenziale che, finalmente, le Sezioni Unite hanno risolto, verte sull’individuazione dell’esatto momento in cui la scelta del lavoratore determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
Ad oggi erano due gli orientamenti prevalenti: il primo secondo cui il rapporto di lavoro non cessa con la semplice manifestazione della volontà di percepire l’indennità, ma si estingue solo nel momento in cui l’indennità viene effettivamente erogata. Diversamente, secondo un differente orientamento, il rapporto di lavoro cessa al momento della dichiarazione resa dal prestatore di lavoro, senza dunque aspettare l’effettivo pagamento dell’indennità sostitutiva. Ed a quest’ultimo orientamento che le Sezioni Unite hanno aderito. Secondo queste ultime, il rapporto di lavoro si estingue nel momento esatto in cui il dipendente sceglie di optare per l’indennità sostitutiva.
Nel periodo intercorrente tra l’opzione e l’erogazione della somma spettante a titolo di indennità, il credito viene regolato dalle norme sui crediti pecuniari del lavoratore, e dunque: interessi legali e rivalutazione monetaria.
Va comunque sottolineato che la pronuncia riguarda solo ed esclusivamente i licenziamenti intimati prima della norma chiarificatrice del 2012. Difatti le S.U. non mancano di evidenziare che anche la nuova norma va letta nello stesso modo, con il chiaro intento di prevenire nuove e strumentali questioni su una disciplina nata per operare chiarezza.