Il licenziamento discriminatorio o ritorsivo
Con la Sentenza del 14 luglio scorso, il Tribunale di Roma, in funzione del Giudice Unico del Lavoro, Dott.ssa Buconi, ha statuito circa il c.d. licenziamento discriminatorio e ritorsivo, delimitando le linee guida per l’identificazione dell’uno e dell’altro caso.
Il caso di specie verteva sull’opposizione di un dirigente medico avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma, con la quale era stato rigettato il ricorso volto ad ottenere l’accertamento della nullità del licenziamento intimatogli, nonché la reintegrazione nel posto di lavoro.
A fondamento della propria opposizione, il ricorrente lamentava la discriminatorietà del licenziamento comminatogli, nonché l’incompletezza dell’attività istruttoria svoltasi. Si costituiva parte convenuta eccependo la fondatezza del ricorso.
Il Giudice investito della causa, in merito all’asserito licenziamento discriminatorio, precisava che quanto dedotto con il ricorso introduttivo e nell’opposizione all’ordinanza, potrebbe prospettare più un licenziamento ritorsivo che uno discriminatorio, che per definizione si configura come un vulnus all’identità del lavoratore in ragione della sua appartenenza ad un determinato genus (per sesso, razza alla religione, lingua).
Inoltre, la sentenza ricorda che in forza del combinato disposto degli artt. 1418, c. 2, dell’art. 1345 e 1324 c.c., il licenziamento “per ritorsione è un licenziamento nullo, quando il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato l’unico determinante del recesso datoriale; tale licenziamento costituisce infatti l’ingiusta ed arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore o di altra persona legata al medesimo, configurandosi come una vera e propria vendetta”. Il Tribunale ricorda ancora che la prova del carattere ritorsivo del licenziamento è essenzialmente fondata sull’utilizzazione di presunzioni e che a tal fine assume un ruolo non marginale la dimostrazione dell’inesistenza di un diverso motivo di licenziamento.
Alla luce delle considerazioni appena svolte, il carattere ritorsivo del licenziamento intimato al ricorrente dall’Ospedale convenuto va escluso in ragione del fatto che il ricorrente medesimo, tanto nelle sue giustificazioni, tanto in sede di audizione ha ammesso i fatti di cui alla contestazione disciplinare, tanto anche in virtù del fatto che il carattere ritorsivo del licenziamento è essenzialmente fondato sull’utilizzazione di presunzioni e che a tal fine assume un ruolo non marginale la dimostrazione dell’inesistenza di un diverso motivo di licenziamento.