Parigi fa i capricci e si ribella a Bruxelles

No, la Francia questa volta non ci sta. Non che di solito Francia e francesi non facciano pesare il loro punto di vista, ma questa volta si è trattato di un vero e proprio muro di fronte alle misure di austerità dettate da Bruxelles.

Il ministro delle Finanze, Michel Sapin, ha dichiarato: “La nostra politica economica non sta cambiando, ma il deficit sarà ridotto più lentamente del previsto a causa delle circostanze economiche”. L’obiettivo, del resto, è sempre lo stesso: l’abbassamento del deficit al 3% e il rilancio del Paese. Tuttavia, tale abbassamento, appare irrealizzabile entro fine anno. Pertanto, la Francia, pur non abbandonando l’obiettivo finale, ha deciso di rimandarne la scadenza al 2017, anno in cui il deficit è previsto intorno al 2,8%. Il cambiamento, dunque, consisterebbe unicamente in una dilatazione delle tempistiche.
Sapin, tuttavia, ci tiene a sottolineare lo sforzo francese nel tagliare di 50 miliardi di euro i volumi della spesa pubblica, che lui definisce “senza precedenti”, sempre entro il 2017. La posizione della Francia non è altro che la reazione a un periodo di forte crisi del Paese: nell’anno corrente è prevista una crescita economica dello 0,4%. Solo tra il 2018 e il 2019 tale crescita raggiungerà una stima del 2%: 4 lunghi anni.

Bruxelles e Germania insistono. Bruxelles tenta di premere sul rispetto degli impegni presi. Simon O’ Connor, portavoce del commissario agli Affari economici e finanziari, ha successivamente tenuto a ricordare che ufficialmente la scadenza per gli adempimenti rimane ferma al 15 ottobre e che, in seguito a tale data, sulla base dei risultati ottenuti, a inizio novembre verrà steso e comunicato il nuovo piano economico. Egli ha dichiarato: “Gli impegni presi dagli Stati nei confronti degli altri sono comuni e il ruolo della commissione è quello di dire se i progetti di bilancio metteranno gli Stati sulla strada giusta per rispettare tali impegni”.
Per quanto riguarda la Germania, questa si è astenuta da ogni commento riguardante direttamente l’atteggiamento della Francia. Nonostante ciò, la sua posizione è chiara: “I Paesi devono fare i loro compiti per il loro benessere” ha affermato Angela Merkel, consapevole che la crisi non è solo un brutto ricorda, ma realtà quotidiana.

L’Italia non è da meno. Sorte non migliore quella italiana. Lo scorso 1 ottobre il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è incontrato con il Direttivo della Bce, a Napoli, dove ha confermato l’impegno italiano per la riduzione del debito pubblico e, soprattutto, in programmi per l’innovazione e la creazione del lavoro. Da parte sua, Mario Draghi, ha voluto sottolineare come le politiche Ue siano valide soprattutto per il nostro Paese. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, conferma la situazione di crisi italiana attraverso una nota di aggiornamento al Def: “la tenuta del tessuto produttivo e sociale risulterebbe a rischio, la ricchezza delle famiglie minacciata, le prospettive dei giovani compromesse”. Sostanzialmente, sono necessari interventi statali per evitare stagnazione, deflazione e disoccupazione.

Pierre Moscovici commissario Ue. La crisi della Francia va contestualizzata in una crisi più ampia che riguarda l’Eurozona. La Francia è conscia delle proprie responsabilità e, se da una parte Sapin non accusa la Bce della crisi economica, dall’altra all’Ue non si ritiene responsabile della scarsa crescita.
Fatto sta che, il prossimo semestre, il nuovo commissario per gli Affari economici di Bruxelles chiamato a pronunciarsi sul bilancio della Francia e a rispondere alla presa di posizione del paese stesso, sarà proprio un francese: l’ex ministro dell’Economia, Pierre Moscovici.

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