Mondiali ciclismo: oro a Kwiatowski male gli azzurri

E’ il polacco Michal Kwiatowski la nuova medaglia d’oro dell’ottantunesima edizione dei mondiali di ciclismo su strada di Ponferrada, primo oro storico per la Polonia con l’australiano Gerrans d’argento e lo spagnolo Alejandro Valverde sul gradino più basso del podio.

Con la vittoria di Sassari nella Supercoppa Italiana ha preso il via ufficialmente la stagione 2014/15 della Serie A Beko, la prima senza la Montepaschi Siena travolta da scandali finanziari e dichiarata definitivamente fallita dal Tribunale del capoluogo toscano lo scorso 9 luglio. Si comincerà domenica 12 ottobre con sedici squadre iscritte, la regular season chiuderà il 10 maggio e dal 17 scatteranno i playoff.

Male gli azzurri con Sonny Colbrelli in tredicesima posizione e pochi rimpianti visto la tipologia del percorso da un lato, e le poche frecce al nostro arco dall’altro, non adatte ad un arrivo del genere anche se il Diego Ulissi visto al giro di quest’anno qualche chance l’avrebbe avuta, ma il suo stop di tre mesi ha costretto il neo c.t. della nazionale Davide Cassani a lasciarlo a casa. E’ proprio l’ex commentatore rai a promuovere in blocco l’impegno dei sui ragazzi che “pur non avendo un finalizzatore abbiamo corso da squadra tentando a più riprese di sparigliare le carte con gli attacchi di Visconti e dell’ottimo Alessandro De Marchi, siamo stati protagonisti della corsa pur non essendo tra i favoriti cercando in tutti i modi di rendere la vita difficile agi altri, sono orgoglioso dei ragazzi e torniamo a casa da Ponferrada senza alcun rimpianto”.

La gara è subito partita nervoso e frenetica, come da copione, con tutte le squadre in lotta per star davanti e difendere dalla bagarre i loro capitani. Il percorso spagnolo non è tra i più duri e questo si sapeva, Aru e Nibali hanno la condizione che possono avere dopo aver disputato Tour e Vuelta per cui tocca a Visconti, forse bruciato troppo presto, al decimo giro inserirsi in una fuga per scremare un po’ di unità, e poi al sempre più convincente Alessandro De Marchi immolarsi ai meno 25km dall’arrivo in compagnia del bielorusso Kyrienka, del francese Gautier e del danese Andersen cercando di anticipare il plotone.
Arrivano a quasi un minuto di vantaggio, ma all’ultimo giro il gruppo vanta ancora una settantina di unità, i quattro vengono inesorabilmente ripresi e si attende l’inevitabile volata a ranghi compatta con tutte le squadre dei big, dalla Germania di Degenkolgb alla Spagna di Purito Rodriguez e Valverde per chiudere col Belgio di Philippe Gilbert, a studiarsi tra loro controllando eventuali scatti.

Quando meno te l’aspetti è il polacco dell’Omega-Quick-Step ai 7,5 km dall’arrivo a scegliere il tempo giusto in discesa riportandosi sul gruppo De Marchi e staccandolo inesorabilmente nell’ultimo strappo sulle rampe del Mirador. Otto secondi saranno più che sufficienti a Kwiatowski per beffare le inutili e tardive velleità di Van Avermaet, Gerrans, Valverde e Gilbert colpevoli nell’aver sottovaluto le qualità del ventiquattrenne polacco che mai come quest’anno aveva dimostrato di avere il colpo in canna, che è esploso in tutta la sua gioia nell’arrivo a braccia alzate con l’urlo liberatorio che sa di storia per un paese che nel ciclismo non aveva mai raccolto un oro iridato tra i professionisti.

Restano agli atti il grande rimpianto per gli spagnoli che hanno sciupato una ghiotta occasione tra le mura amiche pur avendo i talenti adatti all’arrivo, e l’ennesima sorpresa per una corsa che l’anno scorso a Firenze premiò il coraggio di Rui Costa che lasciò tutti di stucco, e quest’anno si ripete nella sua assoluta imprevedibilità. Appuntamento rimandato a Richmond 2015, con gli Usa che dopo 29 anni tornano ad essere sede prescelta per un mondiale di ciclismo con la speranza che Davide Cassani riesca in quest’arco temporale a lavorare ancora meglio sui giovani talenti a disposizione per poter tornare a vincere un oro che manca da sei lunghi anni (successo da Alessandro Ballan a Varese 2008) e che il compianto Alfredo Martini da poco scomparso ci invoca a gran voce da lassù.

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