Default italia e gli avvoltoi della Troika
Nel giro di poche settimane si sono intensificati gli allarmi su una possibile nuova criticità dell’Italia nello scenario economico internazionale in grado, pare, di trascinare con se tutta l’Europa e rimettere in discussione l’Euro. Wolfang Munchau sul Financial Times, già veridica cassandra verso il governo Monti nel 2013, ha scritto la settimana scorsa che senza un improvviso cambio del trend di crescita l’Italia è destinata a un default disastroso, con impatti per l’Eurozona non paragonabili con la crisi Greca. Dalle colonne del Telegraph, Roger Bootle ha rincarato la dose sostenendo che l’unica opzione per l’Italia per uscire da una depressione economica senza fine e ricominciare a crescere è abbandonare immediatamente l’Euro. Alle stesse conclusioni era giunto fin da Agosto Ambrose Evans Pritchard che sullo stesso giornale e in altre interviste ha parlato chiaramente di rischio default entro il 2014 in assenza di crescita, quest’ultima possibile soltanto grazie al ritorno alla Lira. Il tedesco Die Welt la settimana scorsa aveva affermato che l’Italia deve uscire dall’eurozona perché non può più rispettarne i vincoli. Secondo Morgan Stanley, la cui voce soave non poteva mancare, la nostra economia resterà in recessione nel 2014 e avrà bisogno di un avanzo primario doppio rispetto all’attuale per poter sostenere gli ineteressi sul debito, previsti al 5,3% del PIL. La crescita non c’è e non ci sarà, visto che anche l’FMI ha rivisto le proprio stime per il PIL italiano, confermando la recessione con un calo dello 0,2% nel 2014 e la stagnazione intorno allo 0% nel 2015 (ricordiamo che le stime negli ultimi 10 anni sono quasi sempre state in seguito riviste al ribasso).
Eppure malgrado questi foschi presagi l’FMI ha applaudito entusiasticamente il Job act di Renzi, avvertendo purtroppo che come riforma non sarà sufficiente senza mettere mano di nuovo al sistema pensionistico. Visto che né l’art.18 né l’affossamento delle pensioni hanno nulla a che vedere con l’attuale crisi di domanda, viene quasi da pensare che le riforme siano per la Troika (e le élite finanziarie che la governano) l’obbiettivo da perseguire attraverso la crisi e non l’antidoto per arrestarla. La posizione dell’Italia sembra quella di un animale stanco e malato che arranca nel deserto e sul quale cominciano ad volare in circolo gli avvvoltoi. Questo spiegherebbe anche come mai Renzi si sia improvvisamente affrettato sull’art.18 col rischio di perdere consenso e spaccare il partito: barattava diritti, i nostri, col tempo, per lui. Il messaggio è che deve sbrigarsi perché il tempo sta finendo, o presto per non mettere in discussione l’Euro e l’Europa ci troveremo in un mattatoio greco e le riforme verranno a farle direttamente loro.
di Daniele Trovato
Twitter: @aramcheck76