“Il mondo nella rete”, l’ultimo saggio di Stefano Rodotà
«Internet non ha sovrano». Con questa apodittica affermazione si apre la digressione di Stefano Rodotà su quali siano – o debbano essere – le prerogative e le limitazioni della realtà online.
Il mondo della rete. Quali i diritti, quali i vincoli affronta la questione sviscerando gli aspetti positivi che «il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia mai conosciuto» offre (come favorire l’azione organizzata, vedi il caso delle primavere Arabe) e quelli negativi, dati da un contesto autoreferenziale e pressoché anarchico.
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Prioritario, per Rodotà, è l’acquisto di una vera e propria “cittadinanza digitale” che tuteli la persona nel cyberspazio.
L’ordinamento Italiano, a questo proposito, già ne proteggerebbe i diritti: l’art. 21 della Costituzione, infatti, garantisce il diritto di manifestare il proprio pensiero «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Anche l’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’ONU tutela il diritto di «ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere», norma poi ripresa anche all’interno dell’ Unione Europea.
E tuttavia tali guarentigie potrebbero non essere sufficienti se non si garantisse costituzionalmente l’effettivo accesso a Internet per tutti i cittadini. E non sempre i governi si mostrano favorevoli a una maggiore democratizzazione della rete, che rappresenta un importante baluardo per l’informazione e il confronto delle idee.
La cittadinanza digitale richiede che Internet sia neutrale, ovvero che non ci sia alcuna discriminazione in merito al traffico di dati, e che vi sia un diritto all’anonimato, specie nei casi in cui il disvelamento dell’identità di un informatore possa nuocergli, come nel caso del dissidente politico; e si rende necessaria una tutela dei dati personali, laddove le informazioni debbano essere oggetto di trattamento solo previa autorizzazione dell’interessato e di un’autorità garante. E, non ultimo, occorre sfuggire alla “dittatura dell’algoritmo”, per via del quale ad ogni individuo viene associato un profilo, e garantire una sorta di “diritto all’oblio”, un internet che «impari a dimenticare».
Per Rodotà il modo di ovviare a tali problematiche è di garantire i diritti della rete a livello costituzionale. Un esempio importante di regolamentazione è dato dall’Internet Bill of Rights stilato dalle Nazioni Unite. L’accesso alla rete come diritto fondamentale e la tutela della conoscenza devono tradursi in un protezione dinamica dei dati personali, non più limitata esclusivamente alla riservatezza, per poter finalmente sostenere «la sfida di un tempo sempre mutevole».
Twitter: @claudia_pulchra