Le aspettative dei Millegiorni

Il futuro del nostro Paese in bilico fino alla fine dei Millegiorni. Sembra il titolo di un romanzo, invece è pura realtà; la nostra dura realtà, della quale, prima o poi, noi italiani ci auguriamo di essere i veri protagonisti e non più meri esecutori e vittime.

 

Oggi Matteo Renzi presenta in Parlamento il programma Millegiorni, ovvero il piano delle riforme. Il suo sorriso tra i denti, il suo modo teatrale e tronfio di parlare e di atteggiarsi, accompagnerà senza dubbio la conferenza che dovrebbe decidere il futuro del nostro Paese. Se lo stile renziano ha, come apparente obiettivo, quello di rassicurare il popolo italiano facendolo sorridere con le sue battute sdrammatizzanti, il cui più chiaro messaggio subliminale reciterebbe “Tranquilli, ci penso io”, un occhio più malizioso e, forse, maggiormente realistico (a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina) interpreterebbe l’atteggiamento del premier quasi “sbeffeggiante” e poco cosciente di quello che effettivamente significa vivere in Italia oggi. Poco cosciente o poco empatico con noi italiani comuni… Empatia: termine così di spessore, di così grande importanza, pronunciato da tutti, ma da quasi nessuno, politici in primis, messo in pratica.

{ads1}

Piano delle riforme: tema centrale e scottante di oggi, ufficialmente, ma di sempre, ufficiosamente. C’è da dire che tra le tante riforme strutturali da esaminare, le più discusse sono quelle della scuola e del lavoro. La prima inoltre risulta collegata alla seconda, considerato questo luogo fonte, o almeno così molti aspiranti insegnanti speravano, di lavoro. Un percorso già di per sé articolato e demotivante quello dell’abilitazione all’insegnamento, ovvero il Tfa, che milioni di giovani italiani tentano di superare attraverso l’esecuzione di tre prove e la frequentazione di un corso a pagamento, con tirocinio nelle scuole, e che ha come grande utilità quella di oltrepassare una delle tre fasce delle graduatorie di istituto. Il resto è attesa e pazienza di cui i quasi eterni supplenti dovranno armarsi per essere chiamati a insegnare per un tempo limitato e accumulare, così, punteggi volti all’ascesa della loro posizione in graduatoria. Adesso però i laureati che dispongono dei requisiti per accedere, almeno, in terza fascia, l’ultima della graduatoria, oppure coloro che hanno intrapreso il lungo e tortuoso percorso del Tfa e altri che, una volta terminato tutto quello che dovevano fare, anche con successo, e che hanno iniziato da tempo ad accumulare punteggi ed esperienza di insegnamento sul campo attraverso le chiamate per le supplenze, si ritroveranno completamente spodestati a causa delle linee guida della scuola. Quali sono quindi i punti del testo che hanno suscitato maggior polemica? L’assunzione di 150 mila precari i quali, però, rientrano tra coloro facenti parte della prima fascia e qui presenti da tantissimo tempo. A questa vi poterono accedere tramite concorso, ormai bloccato da un bel po’. In tutto ciò la terza fascia attuale verrebbe abolita; ovvero quella formata dai non abilitati i quali, magari, non sono riusciti a superare il Tfa e che chissà quando potranno riprovarci. La seconda fascia invece rimane, ed è quella formata dagli attuali candidati che supereranno tutte e tre le prove dell’esame ma che, allo stesso tempo, chissà quando verranno chiamati per fare le supplenze. Secondo quanto previsto dal nuovo testo infatti, le assunzioni attuali includeranno esclusivamente gli iscritti alla prima fascia, per giunta entrati con altri tipi di esami e con una preparazione molto meno fresca e approfondita. La riforma, però, non dovrà passare soltanto il vaglio delle consultazioni rivolte alla popolazione, ma soprattutto quello della Commissione europea. Dal 15 settembre al 15 novembre infatti, la riforma della scuola potrà essere oggetto di commento e proposta di modifiche online, attraverso il sito http://labuonascuola.gov.it/. Collegandosi alla pagina, qualsiasi persona che si iscriverà, preferibilmente competente, potrà promuovere modifiche o esprimere commenti e lamentele riguardo il testo. Se questa iniziativa, troppo popolare per gli standard della democrazia italiana, non convince troppo rispetto alla sua effettiva efficacia, il fatto che l’Italia, il 15 ottobre, dovrà presentare sul tavolo della Commissione europea il piano di tagli e di riforme che intende attuare nei prossimi anni, forse rappresenta un deterrente maggiore per il cambiamento della scuola.

Altro tema su cui, come al solito, si temporeggia e per il quale ancora non si decifra bene la piega che andrà a prendere, è quello della riforma del lavoro. L’obiettivo primario deve restare la creazione di un contratto a tempo indeterminato flessibile e semplice nella gestione. Le correzioni fatte alle regole per contratti a termine e apprendistato hanno già dimostrato, dati alla mano, che se si facilitano le procedure il mercato risponde e bene. È dunque necessario snellire le procedure contrattuali e inculcare il concetto che: flessibilità non deve servire da capro espiatorio per precarietà a vita. Al di là dei vaticini allarmisti che piacciono tanto a noi italiani solo per creare ulteriore brivido riguardo il nostro futuro occupazionale, come se già non ne avessimo, quello che bisogna fare è razionalizzare le forme di ingresso e di uscita dal mondo del lavoro con un occhio all’Europa e ai nuovi orizzonti globali. Dobbiamo prendere esempio da chi ha da insegnare, trapiantando il tutto, ovviamente, alla nostra situazione. Da qualche parte però bisogna pur partire per rivoluzionare un mercato, anzi, un Paese, oramai alla deriva come l’Italia.

Twitter @IlariaPetta

Fonti: Il Sole 24Ore

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *