MALATTIA: DOVERE DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE DEL LAVORATORE
Con la sentenza n. 17625 del 5 agosto 2014 la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente che, affetto da cervicale, aveva partecipato ad un concorso ippico.
Nel caso di specie il dipendente di una società, e nello specifico un operatore di un casello a pedaggio, partecipava nella qualità di fantino a due competizioni ippiche, nel periodo coincidente con lo stato di malattia che lo portava ad essere assente dal lavoro e di cui avevo dato formale comunicazione al proprio datore di lavoro.
La Società datrice di lavoro, intimava il licenziamento al predetto lavoratore, per giusta causa.
Il lavoratore, dunque, decideva di convenire in giudizio la stessa, al fine di ottenere la pronuncia di illegittimità del licenziamento con la conseguente condanna alla reintegra nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno patito; a fondamento delle proprie pretese, il ricorrente, eccepiva la compatibilità dell’attività da questi svolta, nello specifico l’attività di driver nella specialità del trotto con calesse, con la patologia impeditiva della prestazione lavorativa.
Sia il Tribunale di prime cure e la Corte d’Appello dichiaravano l’illegittimità del licenziamento, condannando la società a tutte le conseguenze del caso.
La società, quindi, proponeva ricorso per Cassazione, la quale lo accoglieva ritenendolo fondato.
A parere della Suprema Corte, infatti, pur essendo corretto il principio posto a fondamento delle due precedenti decisioni, secondo il quale il dipendente assente dal lavoro per malattia può compiere altre attività, anche ludiche o di intrattenimento, purché compatibili, nel caso concreto,con lo stato della patologia, questo risulta superato da quello, più incisivo, per il quale non deve mai venire meno, da parte del lavoratore, l’attenzione alla propria salute e ai conseguenti doveri di cura e perseguimento di una rapida guarigione.